In un’epoca, come la nostra, costellata, sui social network, di “like” su Facebook e “followers” da collezionare su Instagram, come non comprendere quell’atavico desiderio che abita il cuore dell’uomo e che, nascondendosi tra le pieghe della vanagloria, rivela però la necessità di riconoscimento che lo caratterizza.
«Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te!» (Is 62, 4).
Queste parole sono rivolte a Gerusalemme, capitale del Regno d’Israele e cuore pulsante della civiltà ebraica, che ha subito, in prima persona, le vicissitudini dell’intero popolo ebraico ed alla quale si rivolge, con sollecitudine, il profeta, nella speranza che ritrovi il proprio antico splendore. Il cambio di nome suggerisce un cambiamento profondo perché, nella mentalità ebraica, il nome è parte integrante dell’essenza,a cui dona significato. Così come nel primo capitolo di Osea (Os 1, 6-8), il cambiamento di nome indica l’allontanamento del popolo dal proprio Dio, in questo caso è invece decantato il ritorno e la riconciliazione, che rendono possibile il compiacimento di Dio.
Segue il primo capitolo del Vangelo di Matteo, che espone la Genealogia di Gesù, cioè il suo radicamento nella Storia degli uomini. Secondo essa, il suo nome s’inserisce nel solco di Davide e se c’è una cosa che si evidenzia è, ancora una volta, come Dio riesca a scrivere diritto sulle righe storte delle nostre nefandezze: il “santo profeta”, ripreso liturgicamente anche da noi cristiano in quanto ideatore di un gran numero di salmi, è lo stesso che pone in essere quella gran vigliaccata di mandare in prima linea un buon soldato in prima linea, solo per usurparne la moglie, assecondando la propria lussuria. Ebbene, proprio da quest’unione lussuriosa e vigliacca, per la quale verrà abbondantemente rimproverato dal profeta Nathan, nascerà quello che è considerato il più saggio tra i re d’Israele e colui che costruì il primo, magnifico tempio per Jahvè: Salomone.
Ora come allora, non si muove foglia che Dio non voglia e, nonostante le nostre incongruenze, inadempienze ed incostanze, la Sua tenacia di voler ricomincia fa sì che non vi sia alcuna colpa sufficientemente imperdonabile per il Suo cuore di Padre. Pur amandoci nella Verità, la misericordia del Suo sguardo fa sì che non riesca ad immaginare il mondo senza il nostro volto e non permette che il Male a cui abbiamo ceduto possa compromettere, in modo definitivo, il Bene del nostro esistere.
«Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (Ts 5, 21) è l’invito dell’apostolo e la necessità di ogni cristiano che, pur vivendo nel mondo, sa di dover guardare ogni cosa con lo stesso sguardo del Cristo, senza lasciarsi ingannare da alcuna ideologia, né rendersi schiavo di alcun idolo: la vera tentazione, a cui è importante non soccombere, è quella di scambiare le cose belle (che attingono alla Bellezza), con la Bellezza stessa. Quante volte, infatti, la preghiera di s. Agostino interpreta, con incredibile profezia, l’inquietudine del nostro tempo e di ogni tempo:
«Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai.
Tu eri dentro di me ed io ero fuori. Lì ti cercavo.
Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me, ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te.
Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità;
diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace»
(S. Agostino)
In questa Domenica Prenatalizia, che precede di poche ore il Natale di Gesù, è bello chiudere con l’augurio dell’Apostolo a ritrovare l’unità del nostro essere, affinché il primo posto in cui vivere in pace sia la nostra persona, finalmente pacificata: «Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (Ts 5, 23).
(Rif: letture festive Rito Ambrosiano, Domenica Prenatalizia)
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