Lo scoppiettare del camino, i fiocchi di neve che scendono lenti e le scarpe da corsa bagnate ad asciugarsi. E un bellissimo pensiero del mio “papà-letterario”: “Ora, giorno dopo giorno, si sta avvicinando l’inverno e avrò tante memorie. Sarà come ritornare bambini, come ascoltare tante voci. Rivedere lumi nella steppa, amici, cari volti femminili. Oggi nell’acqua piovana raccolta sotto le gronde che scendono dal tetto vedo anche tante nevi lontane che il sole ha sciolto e portato qui” (Mario Rigoni Stern, Inverni lontani, 1999).
Lo sto salutando così il mio 2010: con 25 km di corsa (tutti abbondantemente sotto lo zero) tra il bellissimo paese di Lavarone (TN) e la Cima di Passo Vezzena (1402 m.): ognuno ha una sua Betlemme nascosta. Stasera sarà la Messa ad abbassare le serrande su un anno decisamente colorato, creativo e di corsa: nel frattempo son passato a salutare i sentieri di casa mia che m’hanno fatto compagnia in questi mesi d’allenamenti, di sogni e di pensieri. Me li sono percorsi un centimetro alla volta (fra pochi giorni capirete il perchè di questa espressione), ne ho assaporato la freschezza e la magia, mi son lasciato guidare dalle tracce delle lepri e delle volpi che stanotte si sono messe a giocare sotto un cielo stellato.
Un anno che meritava il grazie più bello: per avermi fatto ritrovare la serenità nell’animo, la gioia nel cuore, la passione della vita. Perchè questa è sempre stata per me la corsa: il pretesto e l’alfabeto per tentare nuove strade nell’annunciare il Cristo che mi ha conquistato il cuore e riallacciato la speranza. Un anno di fede e di umanità. Ma anche un anno di sport e di grandissime emozioni. Stamattina ripensavo ai miei quasi 5000 km percorsi, all’emozione di correre la Maratona della Città Eterna, di abbassare il mio primato nella Maratona di Padova (la città che mi ha adottato sin da bambino) e all’indescrivibile commozione di scattare sul Ponte di Verrazzano nella Maratona più esagerata del mondo. E in mezzo le tante gare corse per affinare il fisico e rafforzare la capacità di sopportazione alla fatica. Ma, sopratutto, la bellezza d’aver incrociato la storia nota e nascosta del mio Peppone (alias Manlio Gasparotto) che ha da subito creduto in un progetto che potesse unire lo sport, la fede e l’arte dell’educazione. E’ stato lui il sentiero inaspettato e affettuoso che mi ha portato ad entrare nel magico mondo de La Gazzetta dello Sport, laddove il rosa delle pagine racconta la giovinezza di un pianeta che, seppur bersagliato e infangato, rimane pur sempre la metafora più bella per raccontare la vita ad un popolo giovane ormai restìo a sentire le solite parole. Correre è avanzare un po’ alla volta: forse un po’ come vivere. Ognuno con i suoi strumenti in mano accesi da una certezza: il lavoro e l’allenamento stancano, ma saranno sempre meglio del senso d’inutilità che uccide i sogni, anestetizza la speranza e spegne i colori.
Lungo i sentieri delle mie amatissime montagne innevate – che mi parlano sempre della religione della fatica dei miei antenati – ho avvertito i sussulti di un 2011 che stamattina si stava preparando per uscire vestito a festa questa notte. E, forse, sorprenderci con una meraviglia tutta nuova. Sarà un anno per me esilarante, faticosissimo e ovviamente di corsa. S’aprirà fra pochi giorni con la pubblicazione del nostro lavoro compiuto sulla tratta che univa New York 2010 con Milano 2011: un romanzo meraviglioso sul mondo dell’educazione sportiva e un cortometraggio accattivante per raccontare nelle scuole italiane la bellezza di un gesto sportivo costruito con passione e colorato di fatica. Sarà un modo bello per prepararci alla Maratona di Milano 2011 – un gioiello firmato Gazzetta dello Sport – lavorando sul cuore, sulla testa e sul fisico. Per mostrare che lo sport arriva laddove tutto il resto a volte mostra la sua fallibilità. Per questo un grazie anticipato alla casa editrice De Agostini (nostro partner), ai tre amici olimpici che hanno accettato di impreziosire il nostro viaggio con la loro storia e a quel gruppo di otto bombolari romani scatenati che m’hanno ospitato per tre notti nelle loro apecar per mostrarmi il volto nascosto della giovinezza. L’ambientazione romana è un debito di riconoscenza ad una città che in questi anni m’ha ospitato riordinando il mio cuore anche attraverso la pratica sportiva.
E poi l’uscita del mio primo grande romanzo che rimarrà nelle scuole italiane per i prossimi sei anni (top secret il titolo) grazie alla fiducia datami dalla De Agostini Editrice che mi ha spalancato le porte di casa facendomi sentire un figlio-prete amato e rispettato per i miei colori. C’è sempre nel cassetto un possibile romanzo: quando l’ispirazione la fortuna t’assitono diventa un sogno realizzato. Una storia legata al mondo dello sport, della strada, del carcere e della Chiesa: per mostrare che l’uomo non è mai un problema. Ma la soluzione di ogni problema.
Ma c’è una scommessa per la quale sto giocando la mia giovane faccia più che altrove. Una scommessa ad altissimo rischio ma che varrà la bellezza d’aver aiutato un ragazzo a rimettersi in piedi. E la mia scommessa sportivo – umana quest’anno si chiama Danilo Di Luca. L’ho trovato seduto per terra e gli ho raccontato di com’era bello il cielo che lui mi mostrava con le sue gesta epiche. Gli ho teso una mano come ad un fratello sofferente e ho avvertito la voglia di rialzarsi. L’ho abbracciato e gli ho messo tra le mani tutta la mia fiducia: perchè ho pianto troppo il giorno in cui ho concelebrato il funerale di un altro amico, quel Marco Pirata che si poteva recuperare con l’affetto disinteressato. La sua telefonata il giorno dopo Natale – che annunciava una bellissima storia che a giorni racconteremo – è stato il regalo più bello che Dio m’ha fatto. Perchè finalmente quella notte un ragazzo giovane ha dormito sapendo che c’è ancora gente che scommette su di lui. Sarà in sua compagnia che viaggeremo quest’anno: percorerremo assieme tutto il Giro d’Italia 2011 (e tutte le corse che mi sarà possibile seguire) per raccontare come si può capitalizzare un errore facendolo diventare un patrimonio per i giovani. Per tante persone lui rimarrà un Pierino dalla faccia bugiarda: eppure troppe volte Pierino è capace di sorprendere. Io e Pierino quest’anno abbiamo stretto alleanza: e nessuno sa dove può arrivare la giovinezza quando, ripulita e ri-accreditata, decide d’inseguire la Bellezza.
E sarà un 2011 sportivo in cui tiferò (sopratutto con la preghiera) in particolare per altri due atleti che in questi mesi mi sono divenuti amici con l’affetto e la stima: il marciatore Alex Schwazer e la ciclista Tatiana Guderzo: a loro il merito di farmi ancora credere in uno sport pulito, giovane e vincente.
Fuori nevica. Stasera Lo guarderò – il mio Signore – durante l’Eucaristia e già so che mi commuoverò. Perchè anche quest’anno è stato l’Unico che ha scommesso su di me. M’avrà pure trattato da strumento, ma sapere d’essere uno strumento che nelle sue mani è capace di tanto mi fa sentire orgoglioso d’essere un suo gregario. Ecco perchè a me piace tanto correre: perchè un giorno sogno che dietro il traguardo ci sia Lui ad abbracciarmi. Dietro tutta la mia scanzonata voglia di vivere c’è sempre il suo Volto ad animare i miei passi. Un Volto che il più delle volte mi chiede di scommettere e di lavorare su storie di fallimenti. Per raccontare al mondo che quando tu li pensi sconfitti, loro scattano in contropiede.
E ti rovesciano una partita. Un anno. Un’intera esistenza.
“Ma ci saranno ancora degli innamorati che in una notte d’inverno si faranno trasportare su una slitta trainata da un generoso cavallo per la piana di Marchesina imbevuta di luce lunare? Se non ci fossero come sarebbe triste il mondo” (M. R. Stern, op. cit.)
Come sarà triste il mondo il giorno in cui non ci sarà più la voglia di scommette sull’uomo.
Un Buon 2011: che sia custodito dal Suo Volto.
don Marco Camillo Pozza