Il mondo, un certo mondo, prova diletto nel giocare, lucrare con la salute di Pietro, del Papa. Siamo nell’epoca dell’intelligenza e Cristo, se tornasse, non lo crocifiggeremmo più: i chiodi appartenevano all’epoca delle passioni forti. Oggi, ch’è l’epoca delle passioni fiacche, lo metteremmo alla berlina sui social, forse anche “tra virgolette”: l’urgenza sarebbe di avere a disposizione una foto sua. Questa, oltrechè dell’intelligenza artificiale a scapito di quella naturale, è anche l’epoca della mungitura d’immagini: che mondo sarebbe senza foto da mandare in rete? Ragione per cui, siccome del Papa regnante non circolano immagini in tempo reale – ognuno è libero di vivere il proprio dolore come meglio crede – la scappatoia è quella di crearne di finte. Oppure – siccome ci siam evoluti rispetto all’uomo di Neanderthal – diffondere voce che il Papa è morto. Scandalizzarsi? Solotanto chi non ha mai aperto la Scrittura lo farebbe: questo, anche questo, è già accaduto. Con Cristo stesso. I sacerdoti, gli anziani pagarono una tangente ai soldati, dicendo loro anche ciò che avrebbero dovuto scrivere nel comunicato stampa da divulgare ai gufi dell’epoca: «Dichiarate: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre dormivamo» (Mt 28,13). Non avendo più un corpo da poter controllare – il Mistero aveva azzerato le loro capacità d’indagine – costruirono una fake-news così ben fatta che «quella diceria è stata divulgata tra i Giudei, fino al giorno d’oggi» (Mt 28,15). Nulla di nuovo: “Come hanno fatto a me, faranno anche a voi” disse l’Uomo dei Vangeli. Che visse a testa alta.

E’ la sfida della fede, l’asprezza del credere, la fatica degli apostoli: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (Gv 20,28) disse Gesù Risorto al vecchio amico che aveva minacciato di non credere se non avesse visto. Quella di Papa Francesco, in questi giorni, è una sfacettatura inedita di magistero: con un Papa così (simpaticamente) pop, il cui volto da un decennio appare oramai dappertutto, così vicino da toccarlo – tanto d’accusarlo di aver tolto il senso del Mistero alla figura di Pietro – in questi giorni rimette al centro del suo ministero il Mistero stesso: l’invisibile, il non percepibile dai sensi della vista e del tatto, quel tocco di irraggiungibilità che, impedendone la visione e la decifrazione, allarga e allena al senso della segretezza, del Deus absconditus, della notte oscura della fede, tanto cara alla percentuale mistica della tradizione cristiana. “Ci mostrino una foto, e crederemo ch’è ancora in vita: altrimenti è morto” vanno dicendo, più per golosità che per venerazione. Non è forse, questo, ciò che chiesero a Cristo quelli che, quel lontano Venerdì, transitavano sotto la Croce (invece che sotto il Gemelli): «Se tu sei Figlio di Dio, scendi giù dalla croce» (Mt 27,40). La gente, a Dio, chiederà sempre dei segni: sembra capisca solo con i fuochi d’artificio. Ma Dio, lungi dall’essere un capopopolo interessato all’indice di gradimento, mostra d’avere idee chiare e ben distinte: «Una generazione perversa e adultera cerca un segno, ma nessun segno le sarà dato» (Mt 16,4). Tradotto: “Voi mi chiedete un segno per credere (picche!): io vi chiedo di credere così riuscirete a capire i segni che già ci sono”. A Cristo, di saziare il gossip, non è mai importato nulla.

Ammaestra, il Papa, anche dall’ospedale: il mondo, mentre è all’ospedale, si ostina a fargli guerra al suono di fake-news più che di razzi spaziali. Niente di nuovo sotto il sole: già visto e rivisto nella Scrittura. Il male, d’altronde, ha forza di voce ma soffre terribilmente per assenza di fantasia. Poche altre volte, come in questi giorni, Papa Francesco sta educando la Chiesa su Dio e sui suoi segreti misteri col nascondimento. Il mondo esige una foto sua: è in astinenza di foto esattamente come un tossico della sua dose di cocaina. Drogati d’immagini, abbiamo perduto la forza d’immaginare, di acuire i sensi, (so)stare sulla soglia del Mistero senza oltrepassarla. L’avventura credente non muta d’aspetto: sarà sempre quella di sforzarsi, pregando, di vedere ciò che per gli altri è invisibile.

(da Il Sussidiario, 10 marzo 2025)

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