“Quanto pesa una lacrima? Dipende: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra.”
Queste parole di Gianni Rodari mi hanno sempre fatto riflettere: come approcciano i bambini la vita a cui si sono da poco affacciati? Riescono ad avere un’infanzia degna del loro essere uomini o fin da subito sono costretti a subire le ingiurie della vita? Può, un bambino, conoscere il lato bello della vita in un mondo in cui povertà e violenza avanzano costantemente, incontrastati?
La questione dell’infanzia è sempre stata una situazione complicata e delicata nel corso della storia; essa ha avuto una svolta fondamentale a partire dal 1924 grazie alla dichiarazione dei diritti infantili, che ha obbligato un gran numero di stati a salvaguardare le vite dei più giovani e ad impedirne lo sfruttamento soprattutto in campo lavorativo. Purtroppo però, ancora oggi molti dei prodotti che arrivano dall’oriente o da altre zone meno sviluppate sono il frutto della fatica di un bambino, costretto a sacrificare la sua infanzia per l’egoismo di qualche ricco imprenditore che non si fa scrupoli pur di arricchirsi.
Ma il campo lavorativo non è il solo ad essere problematico per numerosissimi bambini del mondo: infatti, anche la situazione dei minori in ambito militare è profondamente delicata, poiché, in particolar modo in questi ultimi tempi, in cui la violenza fa da padrona nelle vicende mondiali, giungono notizie di piccoli carnefici e kamikaze al servizio di attività terroristiche, che plasmano i più piccoli facendo credere loro che la forza e la crudeltà siano l’unico modo per diventare uomini, per realizzarsi.
Sciaguratamente, non bisogna dimenticare che i minori che vediamo apparire ai telegiornali imbracciando un mitra o che si stanno spaccando la schiena trasportando a braccia dei mattoni per costruire una casa sono solo un piccolo numero, in quanto i minori strappati anzitempo all’infanzia, purtroppo, in particolare nei paesi sottosviluppati, sono moltissimi, un numero che molto spesso non si riesce neanche ad immaginare.
“Un bambino è il germoglio dell’uomo che verrà”: è soprattutto questo, a mio avviso, il motivo per cui il periodo dell’infanzia e gli anni della giovinezza sono fondamentali per la crescita, perché se un bambino cresce sereno ed amato, nella sua vita tenterà di donare al mondo gioia e amore, ma se fin dai primi anni viene catapultato in un mondo di odio, sfruttamento e dolore, allora la strada per crescere in sintonia con il mondo non sarà impossibile, ma sicuramente più impervia, e l’umanità intera finirà col risentirne.
Ogni bambino abbandonato è “un grido che sale a Dio”. Sono queste, le parole che Papa Francesco ha pronunciato qualche tempo fa, parlando di questioni infantili; ha detto che questo “grido” accusa “il sistema che noi adulti abbiamo costruito”, e ascoltando le sue parole, non c’è che da ammutolire.
Quanti bambini, solo negli ultimi giorni, sono morti di stenti, quanti hanno rovistato fino a notte in una discarica, quanti ne ha resi orfani la guerra, quanti sono morti per una malattia che un antibiotico da pochi euro avrebbe guarito, quanti sono stati ceduti a ricchi turisti che hanno compiuto sul loro corpo un sacrilegio, quanti, sono obbligati a soffrire per colpe che non hanno? Spesso, però, queste tragiche scene di vita quotidiana accadono lontano dai nostri occhi, e allora non ci resta che immaginare interi campi profughi dove le madri non riescono a nutrire i propri figli, oppure non ci resta che pensare a quei bambini che la sera non osano tornare a casa se prima non sono riusciti ad elemosinare due soldi; ma immaginare e pensare a tutto questo, ci fa male.
Non è forse vero che quando questi pensieri ci si affacciano alla mente la maggior parte di noi li allontana?
In un mondo come il nostro, la sofferenza esiste, e di fronte a dei bambini cui vengono addirittura negati i pastelli colorati poiché vivono in zone controllate dall’Isis, il cui colore è il nero, non sappiamo spiegarci il perché della sofferenza degli innocenti.
Certamente nessuno di noi può cambiare drasticamente la situazione; nessuno di noi è un capo di stato o un supereroe, ma tutti possiamo fare qualcosa di concreto per rendere migliore, anche se di poco, la situazione infantile nel mondo: esistono le varie tipologie di adozione, si può pregare costantemente invocando un aiuto che sopperisca le numerose mancanze dell’umanità, si possono inviare sostegni economici tramite le varie associazioni umanitarie, e mille altre ancora sono le modalità attraverso cui aiutare anche solo un bambino.
Quello che noi “persone semplici” possiamo fare è sicuramente una goccia nell’oceano, ma per il bambino a cui riusciremo a regalare anche solo un quaderno per andare a scuola avrà sicuramente il valore di un mare intero. Ognuno di noi ha la possibilità e il dovere di dare una mano, quel che si può, ma va fatto, perché almeno davanti ad un bambino che piange poiché non ha un piatto di riso da mangiare, noi non possiamo restare insensibili e dire: “non mi riguarda”.