Quella dell’edilizia è una passione di famiglia: già il Padre – ed eravamo appena agli inizi – mostrò di conoscere a menadito le regole che abitano la grammatica delle costruzioni. Lui stesso, ritrattista impareggiabile, dal nulla costruì l’inimmaginabile, la prima Creazione della storia. Ciò che l’uomo fece dopo di quegli otto giorni altro non fu che un tentativo d’imitare la potenza creatrice del suo Dio: case e strade, tende e percorsi, traiettorie e speranze. Torri, tante torri lanciate verso il cielo: la voglia di gareggiare e guerreggiare con Dio mai s’è addormentata nel corso dei secoli. Un’edilizia che fece storia fu quella ambientata nella pianura di Sennaar, nel lembo di terra prossimo a Babele: i posteri la conobbero come il luogo in cui avvenne il più grande fallimento edile della storia dell’umanità. Di quel progetto, ambizioso e fallace, rimane oggi traccia nella polvere di quella pianura: punto e a capo. Dopo il cantiere di Babele, altri cantieri vennero aperti dalle società umane: alcuni andarono a buon fine, altri fallirono, altri ancora fecero storia per essere stati traccia di un sogno megalomane e mal calcolato. Di un sogno pensato e immaginato senza alzare per un attimo gli occhi verso il cielo: un colossale sbaglio di prospettive.
Di Padre in Figlio, quella edile fu una passione che anche il Cristo dei Vangeli s’addossò (liturgia della XXIII^ domenica del Tempo Ordinario). Esperto carpentiere – per quegli anni passati nel nascondimento di Nazareth – non disdegnò di disquisire anche su altre professioni, mostrando un approccio sorprendente: dimostrò d’intendersene di pesca e di meteorologia, di agronomia e di floricoltura, di vita e di morte. Senza per questo perdere la passione del Padre: mostrò pure lui – “buon sangue non mente”, direbbe la gente del borgo – di cavarsela in quanto a costruzioni di case (raccomandò sempre quelle sulla roccia piuttosto che quelle sulla sabbia, ndr), a progettazioni di sogni, ad organizzazioni di viaggi. Cercò, sopratutto, di spiegare all’uomo, rimasto la costruzione d’impareggiabile bellezza e gaudio, che dietro ogni costruzione ci deve necessariamente abitare un progetto, una visione, quasi un anticipo di realizzazione. Perchè dall’Antico al Nuovo Testamento tante cose sono cambiate ma una è rimasta la medesima: chi vuole intraprendere qualcosa di grande (sopratutto imbarcarsi nel Regno dei Cieli) non può improvvisare. “chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Si vuole costruire una torre e questo sogno è bellissimo: c’è un desiderio che sboccia, ci sono i mattoni di mille domande – “chi sono, chi voglio essere, chi sono chiamato ad essere?” – ma i mattoni sembrano non bastare per costruire: c’è chi i mattoni li potrebbe collezionare, chi con i mattoni potrebbe barattare dell’altro, chi depositarli in un magazzino edile, chi ha paura di avere dei mattoni. Che farne, insomma, dei mattoni quando si è deciso di costruire? Occorre un progetto, una prospettiva, una regola: è necessario ordinare i mattoni in vista di una costruzione che si è prima immaginato e voluto. E’ la straordinaria e stravagante proposta del cristianesimo: prima di costruire qualcosa è necessario incunearsi dentro il sogno di Dio, verificare se quel progetto è solo nostro anche suo. Perchè la preoccupazione di Cristo è di quelle semplici: che nessuno poi ti rida dietro per aver fatto male i conti.
L’uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze – più piccole o più grandi – diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non abbia bisogno di altre speranze. Nella gioventù può essere la speranza del grande e appagante amore; la speranza di una certa posizione nella professione, dell’uno o dell’altro successo determinante per il resto della vita. Quando, però, queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre […] Noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere
(Benedetto XVI, Spe salvi, n. 30-31).
Non basta costruire, occorre dunque un progetto. Come non basta parlare, occorre un pensiero da trasmettere. Come, del resto, non basta nemmeno fare del bene: occorre trovare un modo per farlo fatto bene. La storia Gli diede ragione: interi imperi crollarono per aver fatto male i conti all’inizio. All’opposto, piccole costruzioni ressero lo scorrere del tempo perchè nella loro piccolezza incastrarono la grandezza di un progetto ben fatto. Di costruzioni edili o interiori Gesù mostrò di averne piena conoscenza: l’intrigo di questa sua passione è che mai divenne costrizione ma sempre rimase un suggerimento. Per non farsi ridere dietro da nessuno.