Chiedo scusa se, anche stavolta, mi spintonano in mezzo agli ombrelloni, le frequenze radio, i titoloni sui giornali. Da parte mia so d’essere molesta come presenza: sono io il primo a non poterne più di me stesso. Tanto che, appena si profila all’orizzonte qualche elezione – da quella perchè si elegga il capoclasse alla scuola materna di Messina, alle provinciali, regionali, fino alle nazionali – inizio ad arrossire. Passano gli anni, i secoli, i millenni e io rimango sempre qui, sepolto nel paese del bla-bla-bla. Promettono (sempre) di farmi venire al mondo ma poi praticano sempre un aborto su di me. M’illudono di nascere ma poi, chissà perchè, non nasco. Son uno spermatozoo che non riesce ad attecchire, una rosa che non sboccia, un volantino usato come carta-igienica. Sono una gran-balla che non diventa mai la realtà che le promettono. I primi ad illudermi sono stati i Romani che pensavano di costruirmi con le barche: era il tempo delle grandi passioni. Poi capirono che una fila di barche in mezzo all’acqua avrebbe impedito il transito alle altre barche. Ci hanno provato una volta sola, facendomi di botti e di barche per fare transitare sopra 140 elefanti da guerra catturati ai cartaginesi nella battaglia di Palermo. Era il tempo della Prima Guerra Punica. D’allora sono rimasto il sogno proibito di ogni megalomane che ha avuto bisogno di me per far parlare di sé. Qualcuno lo ricordo bene: Carlo Magno, Federico il Guiscardo, Federico II di Borbone. A parte nei conclavi, son entrato in tutti gli ambienti di potere. Non cito quelli dal 1800 ad oggi: qualcuno potrebbe esser ancora sulla poltrona di qualche commissione. Siete intelligenti, voi, a capire che di me – quando s’alza la posta – non riescono a farne a meno.

“C’è un evidente problema di correntii!” anticipo loro quando ritornano a cercarmi ogni tot anni. Se ne infischiano, pensando alle correnti politiche. Qui a Messina, invece, sono le correnti marine ad essere forti: arrivano a velocità più che elevate. E’ difficilissimo mettere le pile a profondità superiori ai 100 metri. Pensate che interessi loro qualcosa di sapere la realtà dei fatti? Figuratevi! A loro, ve la dico tutta, non interesso nemmeno io: chiusi i seggi, chissenefrega di me. Il massimo che abbiano partorito lo vedete anche voi se mi venite a trovare: due torri d’acciaio, collocate una sulla sponda di Sicilia e una sulla sponda della Calabria. A parte che non c’entrano nulla con me – visto che sono dei tralicci in disuso dell’elettrodotto ad alta tensione che per trent’anni attraversò lo stretto – ma, a parte questo, non fanno altro che aizzarmi addosso i Bronzi di Riace. Van dicendo che io distraggo la curiosità della gente quaggiù: “Fino al 25 settembre tutti chiederanno di te, vorranno far le foto davanti a te, sfideranno l’immortalità celebrano voi e ignorando noi”. Se solo sapessero che io, grazie a questa balla, ce ne rimetto e basta, invece che rimanere di bronzo diventerebbero più umani. Qualcuno, invece, mi getta nella mischia e tira via la mano. E il fottuto resto io.

Scrivo queste righe per chiedervi scusa, anche se non c’entro affatto con questa visibilità che mi molesta. Lo so che per un mese abbondante torneranno a parlare di me: siamo in campagna elettorale, o al mercato del bestiame. Fatto sta che, ormai, le hanno sparate già tutte: hanno promesso persino di vincere la fame nel mondo (qualcuno ha detto d’averla già sconfitta!). A parte l’immortalità al popolo, tutto ciò che si poteva promettere l’hanno promesso: tutto gratis, dai preservativi alle vacanze estive. Basta più tasse, a trent’anni si potrà accedere alla pensione, crediti invece che mutui e interessi. Non chiedetemi cosa hanno mantenuto. Rimango soltanto io disponibile, l’eterno incompiuto. Sono venuti a letto con me un po’ tutti: però, per loro, son sempre un'(idea) vergine. Abbiate a scusarmi: sono stufo pure io di fare le valigie per venire e poi vedermi annullare il viaggio. Il fatto è che le idee son come i sogni: i sogni li ruba chi non ce li ha.

Firmato

Il vostro (amatissimo) Ponte sullo Stretto

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