Giorgio Napolitano non poteva dire altrimenti. Subito a negare l’evidenza. Quell’evidenza messa tristemente in prima pagina dal New York Times che definisce l’Italia “il popolo più infelice dell’Europa occidentale”. Magdi Allam, vice-direttore del Corriere, scrisse un libro dal titolo eloquente: “Io amo l’Italia. Ma gli italiani la amano?”. Se ne sono accorti pure i pubblicitari che, respirando la voglia di fuggire del popolo italico, hanno pensato bene di coprire gli autobus con una scritta palliativa: “Sorridi, sei alle Canarie”. Ma siamo proprio alle Canarie? A guardarti attorno con un po’ di onestà avverti profumo di montagne innevate, arie invernali, nebbie di città. Spiagge, sole e cocomeri sono solo in quel pezzo di tram colorato. Sei qui ma sogni le Canarie. Ma se fossi alle Canarie sogneresti le Baleari. O forse Zanzibar. Insomma: ovunque ti trovassi sogneresti sempre altre sponde da abitare. O, più semplicemente, per nasconderti. T’invitano a sorridere: eppure c’è un blocco dei Tir che paralizza l’Italia, le pompe dei distributori chiedono da bere, i fruttivendoli supplicano l’avvento di radicchi freschi, i panettieri chiedono farina per sfornare profumi. Le montagne chiedono neve per rinforzare le banche. E poi la gente che corre impazzita, che suona quando il semaforo è ancora rosso, che spinge chi gusta un tramonto. Che deride chi s’inginocchia sul sagrato di una chiesa.
Ma, lor signori, mi potrebbero spiegare “come può vivere una vecchia tartaruga 300 anni ignara del cielo?” (A. Kiarostami). Abbiamo autobotti d’alcolici: manca la sete! Abbiamo carrelli di cibo: manca la fame. Ci son Risposte Eterne: ma non abbiamo domande da dissetare. E allora corriamo. Fuggiamo. Ci nascondiamo. Firmiamo la schiavitù. Perché la terra ci fa paura. La Bellezza c’inquieta. Paura del mare in tempesta o del firmamento nelle notti d’agosto, del colore dei fiori nei crepacci o dell’incantesimo delle bianche vette. Dello splendore negli occhi di una donna… Ci fa paura annunciare la bellezza di Dio sull’arcata della storia!
“E il Verbo si fece carne” (Gv 1,14). Cioè si tuffò nella storia. Ne gustò il sapore e l’odore, la bellezza e la mostruosità. Si fece uomo per insegnare l’arte di diventare come Dio! Perché quando la storia sembra offuscata, i coraggiosi ne approfittano per diventare migliori. Con più dignità!
Buon Natale, città di Vicenza!

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