Come uno sguardo imbarazzante. Uno di quelli che, gettati addosso, arrecano il rossore sul volto e la mestizia nell’animo: perchè tutto speravi ma non d’essere smascherato nell’attimo meno adatto, in quell’unico frammento di tempo nel quale non eri presentabile (ma, forse proprio per questo, al naturale). Una pagina così, sbattuta in faccia di domenica, è ciò che basta per un sano voltastomaco, una chiazza di sporco sui vestiti colorati a festa, un salutare invito a non considerarsi degli dei. D’altronde il Vangelo lo sa e i cimiteri di ogni paese ne sono l’attestazione più evidente: essi traboccano di persone che si pensavano indispensabili per l’umanità. Eppure – dispiace per loro, ndr – la storia è andata avanti anche dopo di loro; anzi, in qualche caso è successo che la storia sia addirittura migliorata con la loro dipartita da noi.
Forse per questo, in calce ad un agosto e ad un’estate che ormai tramonta, il Gesù dei Vangeli ci riporta con i piedi per terra (liturgia della XXII^ domenica del Tempo Ordinario): che per un pizzico d’abbronzatura o uno sguardo ammaliante non corriamo anche noi il rischio di pensarci insostituibili, finendo poi con l’apparire ridicoli. Imbarazzante che ce lo ricordi proprio mentre stiamo tornando dalle vacanze: mica facile accettare, appena rincasati, di avvertire che ciò che conta è proprio ciò che ci siamo dimenticati di fare, che il cuore vale più del torace, che il pensiero val molto più di un volto abbronzato. D’estate – anche Cristo lo sa! – anche la modestia va in vacanza: un pizzico di complimento vale mesi di sacrifici compiuti nel nascondimento. Che ci riconoscano significa per noi “esserci”, che ci apprezzino significa per noi “valere”, che ci cerchino significa per noi “piacere”. Forse per questo suonano imbarazzanti le parole del Siracide: “figlio, nella tua attività sii modesto” e poco oltre “quanto più sei grande, tanto più umiliati”. E’ il lavoro del minatore: il suo laboratorio è sottoterra, lui scava e nessuno s’accorge della sua presenza, scruta una pepita e nessuno sembra gioire con lui all’istante. Sotto la terra: nascosto al mondo ma presente a se stesso, inutile per molti ma una fortuna per gli orafi, sconosciuto alla moltitudine ma conosciuto dagli intenditori. Ci sono cose che valgono perchè nessuno s’accorge di loro, al massimo lasciano qualche traccia al loro passaggio: tutto qua, nient’altro. Le stagioni con i loro colori: nessuno le vede, eppure il trascolorare della natura fa nascere il batticuore. La bellezza e l’amore: essenze invisibili agli occhi pur essendo il motore della storia. Il vento, l’aria, la brezza: nessuno le afferra eppure senza di loro l’uomo arderebbe. Sono come le zucchine dell’orto di mio papà. Quand’ero piccolo m’incuriosivano e puntavo il dito per mostrarle alla nonna. E lei mi sgridava: “non puntare il dito altrimenti non crescono più!” Non so se l’agronomia le darebbe ragione: so solo che da quel giorno ho imparato che non tutti amano mettersi in mostra, c’è qualcuno che ama stare nascosto, passare inosservato, mangiare la polvere delle strade. Per poi lasciare come traccia del suo passaggio segni di speranza e di colori.
Un amico, in vena di paradossi, mi faceva notare: “C’è gente, oggi, che quando tira uno starnuto crede di aver provocato un terremoto avvertibile in tutto il pianeta. Quando tossicchia, è certa di aver determinato uno sconquasso generale nei cuori e nelle coscienze. Quando firma un compituccio scolastico gabellato come documento, pensa di aver aggiunto un capitolo fondamentale alla “Summa Theologica” di San Tommaso. Quando è protagonista di un modesto episodio di cronaca locale, si ilude che quella diventi una data memorabile da inserire d’urgenza nella storia universale. Quando pronuncia una cauta e timida e generica parola in favore della giustizia, si dà arie di uno che ha dato l’avvio alla più grande rivoluzione di tutti i tempi. Quando distribuisce una caramella ai bambini, pretende che tutti i giornali segnalino il gesto clamoroso da consegnare agli annali della carità. In altre parole, circolano tipi col complesso del Padreterno. Con la differenza che Quello di lassù ha creato il mondo ritirandosi, mentre questi creano confusione ingombrando”.
(A. Pronzato, Il Vangelo di casa mia. L'”oggi” della Parola di Dio (Anno C), Gribaudi, Milano 1991)
Che poi, non bastasse il Siracide, ci si mette di mezzo anche il Vangelo: “chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”. E parla di inviti a nozze e di banchetti, di primi posti da evitare (potrebbero causare imbarazzo successivamente, ndr) e di accattoni e prostitute da invitare. Insomma sembra proprio che questa domenica Lui ci voglia vedere uscire di chiesa con il boccone di traverso, quasi si divertisse a rovinare queste quattro povere ore di sole e di trastullo che ci eravamo concessi. Forse qualcuno avrà pensato: “l’avevo detto io che era meglio non andare a messa”: mah, come dargli torto questa domenica? O, magari, a leggerla nella maniera contraria era proprio la domenica giusta per andarci a messa. Per sentirci dire – che poi è un semplice ripetere da millenni – che stavolta ciò che davvero conta è imbarazzante solamente a dirsi: che per essere importanti è importante non essere importanti. Magari fosse solo un gioco di parole sul finire dell’estate.