“Finalmente è arrivato. Mesi di preparazione, a sputare sangue, uscite di ore a diversi gradi sottozero e adesso finalmente l’epilogo del mio sogno la mia prima corsa da under 23. Finalmente. Grande squadra, grandi aspettative, ottime sensazioni, ottimo lavoro svolto. Ed eccomi al raduno pre gara: mancano due giorni all’evento. Soprazocco (il trofeo di Soprazocco, importante gara Under 23 n. d. r.) mi sta aspettando. Parto da casa alla mattina presto, così sarò con gli altri in tempo per l’ultima uscita con i compagni. Ottime sensazioni: malgrado la nebbia, ci sono. Mi alleno, mangio, cerco di entrare nell’ambiente. Il tempo scorre. E’ sera: il mio sogno continua. E si avvicina. Entro in stanza: vedo un compagno seduto con una siringa in vena. Boom boom boom… il cervello mi scoppia. Ma cosa sta facendo? Ma… il mio sogno e gli insegnamenti dei miei tecnici, “non hai bisogna di nulla: preparazione, serietà e cuore bastano per fare un campione”, mi dicevano. Tutto finito. Forse. Corro dal ds. Sono sgomento. Mi tratta come una merda. Mi calpesta, non mi ascolta. E poi mi dice: “Ma come? Tu non lo hai mai fatto? Neanche da junior? Impossibile correre senza. Non si recupera”. Ma senza cosa??? Ma cosa si deve prendere??? Ma come? Sono seguito da due anni da un centro ricerche che mi ha insegnato ad usare l’SRM (lo strumento di allenamento che registra la potenza sui pedali), che mi ha insegnato ad alimentarmi, a capire anche cosa sono i macronutrienti, la massa grassa, il muscolo; un centro dove monitorizzano il mio metabolismo, mi preparano i piani alimentari, gli allenamenti. Mi dicono tutto sulla mia composizione corporea, e adesso mi dicono che la mia performance deve passare per la farmacia. Mi hanno insegnato che in natura trovo tutto ciò che mi serve; ho imparato a demonizzare gli integratori, gli aminoacidi, mi hanno insegnato a vivere da atleta e adesso tu… mi parli di farmacia… mi dici di andare a fare la bmx… E allora? Ho abbandonato tutto. Sono scappato. Scappato dalle tue parole dai tuoi discorsi di sponsor, di aspettative degli stessi. Sono passato come un rullo compressore sopra me stesso. Il mio lavoro. Il mio credo. Il mio sogno. (…) Sai così tanto di farmacologia e l’unica cosa che hai saputo dire è che sono grasso, e sai perché? Perché forse non riconosci il muscolo dalla “ciccia”. Il giorno dopo mi scrivi che mi ammiri, mi dici che troverò una squadra con meno pressioni e aspettative. Bèh, io non ti ammiro, anzi. Ti odio. Ti odio. Ti odio. Era il mio sogno e la tua “merda” l’ha cancellato. Parli di vittorie. Sappilo: ogni volta che un tuo atleta vince il ciclismo ha perso”.
(Eugenio Capodaqua, Repubblica, 2 dicembre 2009)

Buongiorno! Eppure un giorno Qualcuno ci chiederà perché abbiamo ferito i sogni dei bambini.
Sogni che parlano di Cielo.

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