Innanzitutto, invito i “compatrioti” ambrosiani a posticipare la lettura, per non guastare le gozzoviglie carnevalesche ancora da organizzare e gustare. La maggioranza vince e, per questa volta, saranno favoriti tutti gli altri…

 

silenzio6vy0Ci sono sempre dissidi, quando si parla di silenzio, croce e delizia dell’ascetica occidentale e orientale, come del nostro semplice e quotidiano vivere. Un esempio (familiare ai tanti insegnanti che frequentano questo sito) che rende bene la necessità di silenzio?  Provate a pensare a un refettorio pieno di studenti, durante l’ora di pranzo… ecco: ci siamo capiti, credo!

È in quel momento che desideriamo, ardentemente, quanto l’ossigeno, come qualcosa di salutare e irrinunciabile, la presenza del silenzio. Ma… presenza o assenza? Qui cominciano i primi problemi! In tanti lo ricollegano ad un’accezione negativa del termine, a un mancanza della parola o – più in generale – all’assenza assoluta di suoni o rumori, gradevoli o sgradevoli che siano. Ci avviciniamo dunque ad un terreno ostico, pungente, ostile, fluttuante tra il senso del Tutto e quello del Nulla, tra la sensazione di mancanza e quella di pienezza. Giustamente, l’utilizzo di queste parole richiama alla  mente la religione o, quanto meno, la spiritualità. Infatti, il silenzio è stato – nel corso dei secoli – l’ingrediente fondamentale della spiritualità monastica ma anche di quella conventuale (francescana e carmelitana, tanto per citare due nomi famosi). Eppure – ad essere onesti – circoscrivere l’esistenza di una “esclusività spirituale”, nei riguardi del silenzio. Non c’è bisogno di essere praticanti – e nemmeno credenti – per realizzare che il silenzio sia – in se stesso – un valore. Chiunque l’avrà sperimentato, e per i motivi più disparati. Una decisione delicata da prendere, un evento importante della propria vita, un cambiamento in atto. Spesso, persino le opinioni dei nostri più cari amici, pur se espresse nella miglior buona fede, non fanno che confonderci ancora di più le idee. Pare che nulla possa venirci in soccorso. Tranne… fermarsi un attimo, riflettere, assaporare quel silenzio capace di vero sollievo, in grado di renderci più consapevoli, più convinti (e convincenti!), più padroni di noi stessi.

 

E se il silenzio oscilla tra i due estremi, tra l’essere Tutto e l’essere Nulla, ecco che la Quaresima si offre come tempo propizio. Allora, il silenzio non è fine a se stesso, ma può diventare prezioso ed efficace strumento per un cammino di fede che coinvolga l’uomo nella sua totalità.

In tanti – so – propongono, come forma di penitenza quaresimale, il “digiuno dalla parola”. Da accanita sostenitrice dell’assertività, io opterei, piuttosto, per la “ricerca e difesa di un tempo di silenzio di qualità”.

Si parla spesso di tempo di qualità nei rapporti tra genitori e figli come un tentativo risolutore per l’annosa questione della mancanza di tempo dei genitori (spesso entrambi lavoratori). Io credo che – in questo ambito – sia opportuno inserire il silenzio. Un silenzio mirato – di qualità, appunto – che, complice il periodo quaresimale, potrebbe diventare forte stimolo a migliorare, per tutti.

Così, invece di domandarci se e quanto siamo capaci di fare silenzio, ci domanderemmo: «Come ho ascoltato i miei genitori, i miei figli, i miei fratelli, i miei colleghi di lavoro, gli studenti, gli amici? Ho dato loro la percezione di interessarmi davvero a loro, oppure sono stato approssimativo e distratto?». A proposito di distrazione, richiamo solo brevemente che, non molto tempo fa, andava in onda un interessante spot per combattere la distrazione alla guida… credo che ciò sia esemplificativo di come siano – in tutti i campi – sottovalutati i suoi effetti. Lo stesso procedimento può aver luogo, naturalmente, anche nei riguardi di se stessi: «Ho ascoltato le necessità del mio corpo (oppure, al contrario, ho dormito poco e lavorato troppo, per esempio)? Sono attento ad ascoltare i miei desideri oppure considero soltanto le voglie del momento?».

Credo che accorgimenti di questo tipo, anche se possono sembrare insignificanti e banali, possono portare a grandi miglioramenti: sapersi ascoltare è preludio della capacità di ascoltare gli altri e prendere consapevolezza di sé e dei propri desideri, consente di mettere ordine e indirizzare la propria vita. Per viverla da protagonisti, e non da spettatori: per farne un capolavoro!

 

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