In una spiaggia d’Italia, in un giorno di quest’afosa estate. C’è un gruppetto di ragazzi e di ragazze tutt’intenti ad amoreggiare. C’è chi si spinge un po’ oltre, quasi da “atti osceni in luogo pubblico”. Una signora, con dei bambini al seguito, da sotto l’ombrellone condivide un’osservazione con il marito: “Un po’ di pudore: basterebbe avere un po’ di pudore in certe occasioni. Poi, dentro casa, facciano quello che vogliono”. Era da tanto tempo che non sentivo pronunciare questa parola, la parola “pudore”. Dalla postazione (con vista mare) dov’ero a prendere il sole, ho improvvisato una partitella di ping-pong tra il pudore e quel gruppo di ragazzini/e dagli ormoni in accelerazione perpetua: li guardavo e ripensavo a cos’è il pudore. Mi sono fatto aiutare da internet, sito della Treccani: «Ritegno, senso di opportunità, di rispetto della sensibilità altrui. “Abbia almeno il pudore di tacere; mentire senza pudore: ho pudore di farmi vedere da altri in questo stato” (con significato più generico): sentimento a atteggiamento discreto e riservato». Il pudore nel vocabolario, la spudoratezza nella battigia del mare.

Mi ha fatto uno strano effetto questa associazione di opposti. E, nel mezzo d’una spiaggia in procinto di prender fuoco, ho pensato che mai come in questa stagione (non solo meteorologica) se c’è una trasgressione che merita di essere chiamata tale questa è proprio il pudore. Che non è una faccenda di sottovesti, di vesti o di abbigliamento intimo ma una sorta di vigilanza, dove ognuno decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro, verso il mondo. Ho sempre legato il pudore alla virtù della temperanza, in virtù del fatto che consista nel rifiutare di svelare ciò che deve restare nascosto, intimo. Una sorta di conservazione della riservatezza là dove trapela il rischio di una curiosità morbosa. É la discrezione: il pudore difende la bellezza come una spina difende la sua rosa.

Mi piacciono le persone pudorate. Da uomo, poi, adoro le donne che han il senso del pudore: pudore nel vestirsi e nell’apparire, pudore nel linguaggio, nel rapportarsi con gli altri. Pudore che profuma di femminilità (le donne potrebbero dire di mascolinità) senza per questo venire tacciato di bigottismo. È il pudore a conferire loro un’invincibile seduzione che finisce, poi, per renderle affascinanti senza temere alcuna concorrenza. “E l’audacia dove la mettiamo, allora?” potrà borbottarmi qualcuno, visto che un pizzico di sale sta bene su tutto. Temiamola: unire l’estrema audacia all’estremo pudore è una questione di stile. Che, anche in una spiaggia torrida e sovraffollata, mostra di saper fare sempre la differenza.

(da “Specchio” de La Stampa, 14 agosto 2022)

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