donnasedutaIl sedere più bello dei Vangeli: Maria ha fatto storia per quel sedersi ai piedi dell’Amico che della casa di Betania – un pugno di case sperdute tra le acque del Cedron e le mura merlate di Gerusalemme – fece il suo nascondiglio prediletto: la discrezione di Marta, lo sfaccendarsi di Maria, l’umile fierezza di Lazzaro (liturgia della XVI^ domenica del tempo ordinario). Condìti dal piacere che Gli procura il sentirsi narrare dei loro raccolti, delle olive, degli agnellini appena nati nelle stalle o sui pascoli. E di tanto in tanto, quando raramente entrambe le sue donne lo lasciano solo, sgranchisce i suoi piedi indolenziti, riposa gli occhi sul vecchio mobilio, guarda dalla finestra il rosso del tramonto che addormenta il baccano di Gerusalemme. Ogni tanto Cristo impone il suo “fuori tutti!”. E fuori ne ha Dodici che ne custodiscono la Presenza: fuori Dodici, dentro casa tre. Un solo uomo e due donne: le inaspettate disuguaglianze del Vangelo.
All’occhio delicato ed esigente del Bello di Nazareth sembrano contare più le disposizioni che le faccende. Tant’è che quando dovette scegliere – Lui, fine intenditore di bellezze – tra il sedere di Maria e le mani di Marta non tenne dubbio alcuno: preferì il piglio spaesato e mezzo tonto di Maria alle faccende premurose della sorella Marta. Lei non intende i gusti dell’Amico e lo rimbrotta: “meglio le mie mani, Maestro!”. Eggià. Stavolta, però, Maria l’ha stregato con la compostezza del suo corpo: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. La parte migliore: sedersi ai piedi del Maestro e ascoltare la mansuetudine di quelle parole che porgono anticipi di eterno nel quotidiano. Non sono brutte le mani di Marta: anche per lei un giorno l’Amico spenderà parole di seduzione e di apprezzamento. E’ che quella sera, forse, Cristo aveva bisogno di nutrimento del cuore: Gli premeva sapere che qualcuno Lo stesse a guardare, Gli facesse sperimentare la dolce soavità dell’essere ascoltato, Gl’infondesse nel cuore la percezione che le parole attecchivano nell’animo, nel senso più botanico del termine. Che cosa saranno mai un pugno di stoviglie, un grappolo di datteri e qualche posata che Marta rende splendente di fronte alla presenza della Bellezza stessa? Glielo dice a Marta: “si è scelta la parte migliore, tua sorella”. Ha scelto di sedere e godere di quella presenza tanto familiare quanto sorprendente.

Tanti anni fa, in Cina, vivevano due amici. Uno era molto bravo a suonare l’arpa. L’altro era molto bravo ad ascoltarlo. Quando il primo suonava una canzone che parlava di montagna, il secondo diceva: “Vedo la montagna come se l’avessi davanti”. Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, quello che ascoltava diceva estasiato: “Sento scorrere l’acqua tra le pietre”. Ma un giorno quello che ascoltava si ammalò e morì. Il primo amico tagliò le corde dell’arpa e non suonò mai più.
Noi esistiamo veramente solo se qualcuno ci ascolta! Guarda che c’è differenza tra ascoltare e sentire. Sentire è un problema di acustica, ascoltare è un problema di cuore. Ascoltare è lasciare che le parole dell’altro cadano dentro di noi, nel profondo, nell’anima. Non si ascolta solo con le orecchie! Ascoltare è sedersi vicino. Concentrare l’attenzione su di lui. Non sbirciare l’orologio. Si ascolta con lo sguardo. Si ascolta con gli occhi. Si ascolta con le mani. Se tu ascolti, regali la possibilità di sognare. E i sogni spingono l’umanità. I sogni richiamano la pazzia. I sogni sono lo specchio dell’impossibile che diventa possibile. Ascoltando si aiuta a sognare.

Ha ragione Marta: “ti sento, Signore, anche mentre preparo la cena!” Ineccepibile l’animo della sorella indaffarata: ma Cristo quella sera non voleva essere sentito, Gli sarebbe piaciuto per una volta essere ascoltato. E tra il sentire e l’ascoltare quella sera si giocò la preferenza del Nazareno: meglio il sedere di Maria che il fare di Marta. Non era una perditempo Maria, probabilmente nemmeno un’emerita sfaccendata: era una donna innamorata del suo Signore. Stregata dalla quella Presenza al punto da lasciar perdere il tutto delle faccende per non lasciarsi sfuggire il tutto dell’Amore. I Vangeli tessono le lodi delle donne premurose ma non tralasciano mai di mettere ordine alle premure delle donne: saranno lodate quelle che cercheranno l’essenziale, saranno rimproverate quelle che si smarriranno nelle facezie di mille particolari, che non procurano attenzione agli occhi del Rabbì.
Il sedere di Maria racconta di un cuore attento alla salvezza: che non le passi accanto senza che ella se ne accorga. Le mani di Marta narrano la premura che nasce dall’ospitare Colui che è Via, Verità e Vita: certi attimi non capisci più nulla perchè innamorato alla follia, fino a scompigliare le logiche stesse dell’ospitalità. Poco importa il rimprovero lasciato in calce ai Vangeli – “ti affanni e ti agiti per molte cose” -: ciò che conta è che in quella casa di Betania due sorelle aprono la porta ad un Viandante affaticato. E si trovano il credito di una Presenza che sorprende entrambe: quella dell’amicizia di Cristo.

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