Erode era una bestia: pensava, per davvero, d’essere un uomo grande ma sapeva governare solamente con la forza. Era uno piccolo-piccolo, dunque: per lui l’assassinio rappresentava la forma estrema della censura. Non riuscendo a vincere l’avversario sul campo di battaglia, dovette eliminarlo all’insaputa. Era così piccolo che a spaventarlo fu la fragilità di un Bambino, uno degli ultimi nati nella sua terra: «Erode, infatti, vuole cercare il bambino per ucciderlo». Nulla di nuovo sotto il cielo: da Caino in poi, l’occupazione più seria degli uomini resta quella di uccidere altri uomini. Ad incattivire Erode, poi, ci pensarono i Magi che «per un’altra strada» fecero ritorno alla loro terra. Sfigurato di rabbia nel vedere che la gente non lo vedeva così grande come pensava d’essere senza esserlo, ordinò il massacro di tutti i bambini al di sotto dei tre anni: voleva sincerarsi che Gesù-Bambino fosse morto appena nato. Fu un omicidio premeditato quello di Erode, una specie di genocidio dell’infanzia: lo meditò, lo immaginò, lo praticò. La visione che gli si annunciò in fronte gli procurò il batticuore: «Se tutti coloro che abbiamo ucciso con il pensiero – rifletteva Emile Cioran – scomparissero davvero, la terra non avrebbe più abitanti». Una terra senza più avversari, con un unico rais a dettare legge: voleva uccidere semplicemente perchè non era capace di sopportare di avere torto. Fu il grande sogno della bestia di Giudea, la cui storia altro non è che un quadro di delitti, di sventure e di sciagure. Da allora capiterà sempre così: che la gelosia ti prenda per il collo, l’amore ti prenda per mano.
A fargli le scarpe fu un angelo: non gli diede manco il tempo di vedersi un vincente. Quando si premedita un delitto, si premeditano freddamente anche il sistema migliore per celarlo: «Chi parla più oggi del genocidio degli armeni?» fu la frase che Adolf Hitler consegnò ai suoi inservienti per mettere in atto il grande genocidio. Un angelo del Signore spiffera l’agguato a Giuseppe, la non-bestia di Betlemme: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finchè non ti avvertirò». In sogno, ancora una volta: dopo avere salvato Maria dalla pietraia di Nazareth, l’angelo salva il Bambino dalle grinfie del paranoico. Stavolta, in sogno, mise in piedi Giuseppe, perchè mettesse in viaggio Maria e così fosse salvata la sorte di Gesù. La sorte dell’intera storia: il vero potere non è poter uccidere, ma avere tutti i diritti di farlo e trattenersi. Non capì, Erode il pazzoide, che quando si ammazza un uomo si è un assassino. Se si ammazzano milioni di uomini, si è un conquistatore. Se si ammazza tutti si è un Dio. Non gli bastò essere un assassino, voleva di più. L’idea, poi, di entrare nei libri di storia come un grande conquistatore non saziava la sua sete di potere. Volle in tutti i modi diventare Dio, che la gente lo chiamasse così. Si frantumerà contro il suo stesso sogno: a furia di mangiare, anche il maiale più grosso scoppierà.
I tre vissero profughi e stranieri in una terra che era di faraoni e di schiavi. Finchè chi sognava la morte altrui non morì lui: «Alzati. Sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Erode diceva d’essere potente, e a suo modo lo fu davvero: seppe fare male, fu capace di far stare male. Dio, però, lo è molto di più: è capace di tirare fuori il bene dal male dell’uomo. Le operazioni di salvataggio del Cielo si manifestano sempre nel sogno, agli unici giusti rimasti, alla condizione che obbediscano ai segnali del Cielo: «Prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele». Erode è morto: tutti coloro che, nei secoli, tenteranno di sterminare un popolo per non vederlo più, quel popolo regalerà agli uomini che l’hanno cancellato l’infamia di essere riconosciuti per sempre da tutti per la loro crudeltà. Uccidere sarà sempre uccidersi. Gesù, Giuseppe e Maria tornarono dall’Egitto salvi: fu la risposta di Dio alla matta mattanza di Erode: non esiste bandiera sufficiente a coprire la vergogna di uccidere persone innocenti.
(da Il Sussidiario, 28 dicembre 2019)
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno» (cfr Matteo 2,13-23)
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