Maledetto Demonio. Anche Dio può sorprendersi – come dice la tradizione ebraica – di quello che un giorno succederà. Nel deserto la voce di Dio è così fragorosa da confondere i sensi, procurare vertigine nell’orecchio interno che in anatomia si chiama labirinto. Il profeta abita all’estremo rischio tra il nulla e la salvezza. E il giudizio che Dio riserva a chi rifiuta le parole profetiche è identico a quello di chi rifiuta Dio stesso: “Se qualcuno non ascolterà le sue parole, io gliene domanderò conto”. Sergio Quinzio, figura di spicco del Novecento italiano, scrisse: “Il profeta non prevede quello che dovrà accadere, ma Dio attua quello che il profeta annuncia” (Dt 18, 15-20). Ecco perché a Ninive Dio ha fatto il contrario di quello che il profeta Giona era stato mandato ad annunciare, ma ciò è accaduto proprio perché l’atteggiamento della gente di Ninive era cambiato. E proprio in seguito alle parole di quello strano profeta di una remota provincia. La conversione di Ninive ha fatto cambiare idea a Dio stesso.
Oggi la lingua più parlata del mondo è “a vanvera”: ogni giorno miliardi di parole ci investono, ci trafiggono, ci soffocano. Trent’anni fa un giovane usava normalmente 1500 parole: oggi non ne usa più di 600, tutto il resto è stato dato in comodato d’uso ai luoghi comuni. La Parola di Dio, al contrario, emerge dal silenzio, un silenzio che si percepisce e che pesa, un silenzio che la esalta e la potenzia. La parola, strumento primordiale di cui stentiamo a comprenderne la sua potenza. A Gesù di Nazareth è riuscito di dire il massimo di verità con il minimo di parole. Tutto il Vangelo di Marco, nello stentato greco dell’originale, è composto di 64327 parole che narrano l’inaudito di Dio, il mistero tenuto nascosto per secoli e secoli. Parlava denso l’Uomo di Nazareth perché le sue parole germogliavano da un silenzio profondo, allenato in trent’anni di nascosto apprendistato. Se ho due orecchie e una sola bocca, c’è un perché: devo ascoltare il doppio di quanto parlo. Ecco dove sta nascosta la sorpresa e l’originalità della Parola di Dio: non muore quando è pronunciata, ma proprio in quell’istante inizia a vivere. Alle sorgenti della creazione Dio disse: “Sia luce! E luce fu” (Gen 1,3). Nella sinagoga di Cafarnao, Gesù di Nazareth ribadisce la validità estrema di quel concetto: “Taci!” – è un ordine che non ammette tentennamenti. Un ordine cui segue un’esecuzione immediata: “Esci da quell’uomo”. E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui” (Mc 1, 21-28). Quando molti dei discepoli, dopo aver rinfacciato a Gesù che il suo linguaggio era duro, troppo duro, si trassero indietro e lo abbandonarono, il Maestro domandò a Pietro: “Volete andarvene anche voi?”. Rispose il pescatore, con delega a nome di tutti: “Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.
«Tuttavia, malgrado i tanti attacchi alla fede che anch’io credo di aver subiti, una cosa mi è sempre rimasta chiara dinanzi agli occhi, una cosa mi ha sempre sostenuto mentre lottavo: la convinzione che il fattore ereditario e tradizionale non merita di venir distrutto solo dal vuoto della piatta realtà quotidiana, dall’ottusità spirituale, dallo scetticismo cupo e senza luce, ma tutt’al più da un fattore più potente, da un richiamo verso una maggiore libertà, verso una luce più grande e accecante. La fede ereditata dai padri è stata sempre una fede combattuta e soggetta ad attacchi. Ma io l’ho sempre sentita come una voce che mi chiedeva: “Volete andarvene anche voi?”, e alla quale c’era solo da rispondere: “Signore, da chi dovrei andare?”. L’ho sempre considerata come una fede solida e buona, che mi sarei deciso ad abbandonare unicamente nel caso che qualcuno mi avesse dimostrato migliore il suo contrario».
(Rahner K., «Attualità e possibilità della fede ai giorni nostri» in Saggi di spiritualità, Paoline, Roma 1966, 412 – 413)
È per questo che rimangono: perché ha parole. Se avesse fatto solo miracoli, non resterebbero. E parole di vita eterna non vuol dire che sono parole che promettono l’eternità, ma parole che danno un senso alla vita. Restano perché parla loro, perché la parola è il più prezioso laccio di comunione tra naufraghi che solo alle parole possono aggrapparsi per sopravvivere e galleggiare. Le parole di quell’Uomo sono già la sponda che li salva.
Ci sei? Ce la fai? Sei connesso? “Sono nato sotto una cattiva stella!” – dici tu. Non sei un prodotto astrale – ti ricorda la Bibbia. “Purtroppo sono fatto così! E’ stato più forte di me!” – è la tua scusa. Non sei un prodotto ormonale – ti grida quell’Uomo. “In questa scuola, con questi insegnanti non si può imparare” – è la tua giustificazione alla bocciatura. Non sei un prodotto ambientale, mettitelo in testa. Sei un prodotto personale, Suo.
Non basta credere, anche il Demonio crede e teme il Dio che sconquassa le tenebre. Occorre essere suoi discepoli, profeti dell’inaudito e dell’inaspettato, voci scomposte e inarrestabili. Perché profeti della speranza che non muore mai.