La calcolatrice e l’Eternità. Per passeggiare sul crepuscolo del secolo di storia e rilanciare la sfida: “non sono per niente spaventata, né emozionata. L’unica cosa che mi emoziona ancora è la vita”. Il testamento esistenziale della scienziata Rita Levi Montalcini, 100 anni, Nobel per la medicina grazie alla scoperta del fattore di crescita Nerve Growth Factor. Il genio a braccetto con l’emozione per leggere nella traiettoria dell’esistenza umana la parabola di una bellezza infinita. Per giungere – magari in calce ad una vita di calcoli, proiezioni ed equazioni – a sottoscrivere il sogno che albergava dentro l’animo di Albert Einstein, il padre della relatività: “Nell’universo c’è un’intelligenza superiore tale che al suo confronto i pensieri di tutte le intelligenze degli uomini, di tutti i tempi messi assieme sono assolutamente un nulla. Scopo della mia vita è partecipare a una briciola di quella luce infinita”. Cent’anni di storia come lectio magistralis d’affliggere sugli zaini colorati della nostra gioventù. Per porgere una speranza a chi nello sguardo racconta la tristezza di un animo ferito. Avete mai osservato il germogliare della nostalgia tra le increspature di occhi giovani, distratti e apparentemente insensibili? Occhi che hanno visto tutto, mani che trattengono persino il superfluo, corpi che annidano fasti spropositati, menti dai pensieri fugaci e fuggitivi. C’è tutto, eppure un velo di nostalgia li tradisce, mostrando quasi che manca loro qualcosa: una domanda, una risposta, un dubbio, un desiderio da appagare. Sembra quasi l’esperienza di Agostino quando, sulla sommità di una vita dissoluta e dall’esito amaro, scoprì che il cuore era simile a quello di un fuggiasco: un cuore inquieto. Da lì s’accese quel senso di nostalgia che lo ri-diresse verso la casa abbandonata. Ferito, scoprì il desiderio della guarigione.
Rigore di vita e pensiero libero additati da lei come ingredienti per una vita secolare. Al pari di quell’elisir di lunga durata che ancor oggi s’avverte nei vecchi ruderi di montagna abitati da uomini d’un tempo. Perchè dove la vita è rigore, c’è margine di crescita. Il rigore del raccoglimento e della riflessione, dello scambio e della ricerca, della passione e del desiderio, del tempo da gestire e delle possibilità da firmare. Quel rigore che fa di un’intera esistenza la sinfonia di mille esperienze tra loro in armonia: dove la bellezza sta nell’intreccio armonico di mille note tessute con umile allenamento.
E quel pensiero libero che tutt’oggi seduce per la rarità del suo splendore. Dove tutto è calcolo e manovra, previsione e dirottamento, somma, sottrazione e divisione difficilmente sboccia quella passione che tesse come in una tela di pittore l’intuito, la fantasia e la genialità. Fotografare l’emozione di una donna centenaria è raccogliere, come eredità, il mantello di chi ha assaporato la vita come bellezza, come una forma di estasi che t’invita a intraprendere un pellegrinaggio verso l’oltre, verso l’altro, verso la novità. Fare i conti e imbattersi nella bellezza è lasciarsi rapire da un sogno, da un ideale, da un frammento di ebbrezza che accenda passi magari stanchi e affannosi. Sapessimo fin d’ora chi sarà vincitore e chi sarà sconfitto smarriremmo il fascino del tentativo e il gusto di riprovarci ancora dopo ogni fallimento. Eppure la storia della salvezza c’assicura che solo i coraggiosi porteranno avanti la speranza dell’umanità. E solo su di loro si poserà la benedizione divina.
D’altronde l’ha capito anche Tiziano Ferro che in caso di pericolo si salva solo chi sa volare e accendere la fantasia nascosta in quell’augurio, ch’è un principio di sogno: “Auguro a tutti i giovani di avere la mia stessa fortuna”. La fortuna di pensare con la propria testa: per non essere nati invano.