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“Il mio nemico non ha divisa, ama le armi ma non le usa, nella fondina tiene le carte Visa e poi se sbaglia non chiede scusa. Il mio nemico non ha nome e nemmeno religione, il potere non lo logora” (D. Silvestri)

Mi gira nella testa questa canzone da qualche giorno o semplicemente da dopo aver accompagnato i miei alunni a vedere al centro universitario di Padova una mostra dedicata ai migranti. Non tanto domande scottanti e scomode legate a questo tema di attualità(che i miei adolescenti hanno già provveduto a somministrarmi in modo più o meno velato e sferzante) quanto a una più subdola e decisamente più spinosa domanda su che faccia abbia un nemico. Il mio nemico. Ho nemici?
La Provvidenza o chi per lei, mi ha fatto incappare, per motivi di percorso personale, proprio con un testo della Scrittura che ha centrato in pieno il dolente punto interrogativo che mi portavo dentro. Un vero sgambetto di Dio che con aria sorniona é li che se la ride sotto i baffi. Lo sconosciuto libro dei Giudici, un concentrato nei primi versetti di guerre, gente scacciata, popoli che scacciano, masse che dimenticano, una vera e propria mappa dei nemici. Dominati, dominabili, dominanti, vicini, lontani, interni, esterni, recidivi, abbattuti.
“Quando un nemico è in nostro potere bisogna far sì che non ci possa mai più nuocere.”(Napoleone Bonaparte) Prima riflessione radicale: il mio nemico sconfitto. Parto dalle vittorie. Il cuore gongola soddisfatto per tanto coraggio messo sul piatto. Con fare orgoglioso, dopo aver dato nome a più di qualche situazione paludosa in cui credo d’essere incappata, dopo aver smascherato quei legame malati, morbosi, dannati, quelle dinamiche mortali, entrano in scena i verbi della potatura. Tagliare, recidere, amputare, mozzare. Dividersi nettamente e definitivamente da quanto di malsano e maligno alberga nella propria storia e la fa o l’ha fatta sanguinare. Operazione sempre dolorosa che esige elevate dosi di coraggio e visione speranzosa. Quel verbo “scacciare” abusato nei primi 3 capitoli di queste sconosciute pagine della Sacra Scrittura ha trovato immediatamente  la sua collocazione. Popolo scacciato, sconfitto e allontanato dalla propria terra, nemico abbattuto, strada spianata e appianata. E nel cuore faccio memoria delle tante “vittorie” accadute nella mia storia. Festeggio e vado avanti.

Secondo step: i nemici combattuti col coltello tra i denti, anche ripetutamente (abili ad essere recidivi!). Siamo lottatori ma deboli sul più bello. “Ma non li scacciò del tutto”. L’auto gol che così spesso ci facciamo. Eroi fino al penultimo istante, integerrimi con costanza ma quando c’è da tagliare del tutto con un nemico che costantemente si abbatte su di noi, ci pervade il pressappochismo. Quasi quasi ci dispiace separarci da un male a cui tutto sommato siamo pure affezionati. Siamo proprio strani! Sappiamo arrivare a riconoscere e nominare ciò che é avverso alla nostra storia, persone, relazioni, situazioni, dinamiche, lati del carattere. Ci lavoriamo sopra, smussiamo, modelliamo, riduciamo, ma capita spesso che sul più bello, all’atto finale, non andiamo fino in fondo. I famosi “ a volte ritornano”. “Chi ha prevalso sul proprio nemico soltanto con la forza, lo ha vinto soltanto a metà.”(John Milton)
Ultimo step. Le situazioni che ci tolgono la speranza. Quando la luce in fondo al tunnel sembra essersi bruciata proprio. “Non potevano più tenere testa ai nemici” o meglio, tutti i nemici sono nella testa e l’hanno invasa, conquistata, saccheggiata barbaramente. Quando tutto sembra aver preso il sopravvento, attaccati da ogni parte, circondati, siamo li “in mezzo”. Come quella donnaccia pronta a venir lapidata a suon di pietre. Dal subdolo allo stritolante. Mancanza di ossigeno e di visione futura. Notti insonni e buio pesto. Nemici ovunque che risucchiano energie. “Il nemico osserva bene se un’anima è grossolana oppure delicata; se è delicata, fa in modo da renderla delicata fino all’eccesso, per poi maggiormente angosciarla e confonderla.” (Ignazio di Loyola) E generalmente in questi periodi di crisi il nemico incallito per eccellenza sono io. Distrutta dalle aspettative personali e da quelle che gli altri credo abbiano su di me, demolita dai miei fallimenti di donna, di amica, di figlia, attaccata da ogni lato del mio modo di essere, dal perdono non dato a me stessa prima di tutto.
Ma la luce in fondo a quel tunnel, ad ogni tunnel, quello subdolo, quello riconosciuto, quello soffocante, c’è! Si chiama far memoria. Quando i nemici attaccano c’è un urlo da cacciare, “urlando verso il cielo” (Ligabue). Il nemico, l’idolo, ha già in sé la sua punizione. E Dio ascolta, non rimane mai sordo al grido dell’uomo, anche del più recidivo! E manda giudici, manda occasioni, porta consolazioni, guarisce ferite, cura lo sguardo, appiana discrepanze. Dio non manca mai l’appuntamento. Noi, invece, a volte dimentichiamo facilmente la grazia ricevuta, scordiamo i suoi passaggi passati, non crediamo davvero possa udire il nostro urlo. I nemici continueranno ad esserci, battaglia eterna, dato certo. Noi, uomini unti con l’olio dei lottatori e già messi in salvo dall’Amore, scendiamo fiduciosi in campo, basterà un solo grido e Dio sarà nostro alleato in ogni battaglia! Il più forte é dalla nostra parte, di chi avremo paura?

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