Nella mia mente fanciulla, oltrechè di Maria, maggio è il mese della corsa più bella al mondo: il Giro d’Italia. La geografia, quel poco di geografia che ho imparato, più che sui banchi di scuola (ed è stata una bellissima scuola la mia) l’ho appreso dalle pagine rosa della Gazzetta, inseguendo quello sciame dipinto di biciclette e di uomini che, di maggio, scivola tra le strade della Penisola come sangue dentro le vene. Ancor oggi, viaggiando, i nomi delle città che incrocio in automatico la mente me li ricollega con qualche tappa del Giro, non a qualche santuario della Madonna (con tutto il rispetto!) Con qualche volto di eroi sportivi che, su quelle strade, hanno scritto pagine di epica, d’audacia, di nobiltà. Uno su tutti: Marco Pantani. E le città divenute tappe della sua via lucis: Merano, Aprica, Gran Sasso, Marmolada. Della sua via crucis: Madonna di Campiglio.
Gli sfottò, per chi non capisce l’incantesimo di questo sport, non tardarono: “Chissà cosa ci sarà di bello da guardare! Non succede nulla per ore e ore”. È proprio questo il bello, invece: che non succede nulla per ore e ore e poi, per un qualcosa d’improvviso, esplode il finimondo. E quello che non è successo per ore ti accade in un secondo. Basterà poco più di nulla: un cavalcavia, un gatto sulla strada, una salita, una discesa, una distrazione e tutta la corsa esploderà, come al detonare di una bomba. Le istruzioni per l’uso, di questa corsa semplice e complicatissima, sono le stesse che si affidano ai bambini perchè, un giorno, possano diventare protagonisti delle loro vicende: entrare nella fuga giusta, farsi trovare pronti all’attacco decisivo, prendere davanti l’ultima curva, segnarsi le ruote degli avversari da non lasciare scappare. Poi, comunque, la parola passerà alla strada, che puntualmente se ne infischierà di tattiche e di trucchi: quando la strada sale, non ti potrai nascondere. Quando l’asfalto finisce, inizia la realtà.
Il Giro d’Italia (iniziato l’altro ieri) non è solo sport: è cultura generale, sono lezioni di geografia, è la manifestazione dell’Italia. E’ la storia di una nazione, la più bella al mondo, che si mostra più unita durante il Giro che in Parlamento. La cui fede, per chi vorrà, si lascerà scoprire passando davanti ad un santuario, limando la rotatoria davanti ad una Chiesa, interpretando una scritta bianca ch’è stata stampata sul nero pece dell’asfalto. E’ speranza, soprattutto: che colui che parte all’alba, appena dato il via, venga snobbato da tutti. Ma poi, attaccando e sgobbando tutta la giornata, finisca per alzare le braccia al traguardo e prender gli applausi anche di coloro che, alla partenza, lo fischiavano. E’ la vita (il Giro).
(da «Specchio» de La Stampa, 8 maggio 2022)
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