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Che un pescatore, avvezzo com’è alle buriane del mare e alle sfuriate dei cavalloni marini, chieda ad un apprendista falegname (con divagazioni sull’arte della carpenteria) – dunque abituato a pialle, spigoli, tavole d’abete, tutt’al più all’incudine – di salvargli la pelle in mezzo al mare, è materia da cappottarsi dalle risate. Pietro è il pescatore di Cafarnao: l’amor proprio, la strafottenza, la camicia sbottonata, mani rigate dall’uncino. Cristo è un predicatore affannato, già affermato: dopo il tirocinio nella bottega di Giuseppe, lo sbaraglio nelle fiumane dei cuori. “Con i piedi per terra stateci voi, che io voglio vedere il mare”, potrebbe aver detto Pietro agli amici poltroni della spiaggia. Amava pescare, ma il vero motivo di quella passione manco lui lo conosceva: «Molte persone vanno a pescare tutta la loro vita – scrisse Henry Thoreau – senza sapere che non è il pesce che stanno cercando». Così capita che peschino-peschino-peschino, finendo un bel giorno per essere pescati: “Mi piacerebbe che tu avessi una vita con vista mare per tutta la vita. Che ne dici?” disse, più o meno, Cristo a quella ciurma di amici beccati sulla spiaggia dopo una notte frustrante. Tra questi, Pietro, per l’appunto.
Uno di quelli che, sulla piana di domenica scorsa, ha fatto lo sbruffone con la gente affamata: «Mandali a casa», con relativo messaggio implicito in allegato: “Perchè spartirti con altri, Diommio: sei nostro, gli altri sono una rottura!” Lui, il signore Maiuscolo, li rimbrottò con nonchalance: non è uno di quelli che ti mortifica pubblicamente. In privato, però, non accettava, non accetterà mai, d’avere a che fare con gente ingrata, con gente che, fattasi grande, perde completamente la memoria di chi era prima che Lui scommettesse su loro. Tempo di mangiare, ecco la reazione a catena per quell’ingratitudine: «Costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finchè non avesse congedata la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare». “Statemi alla larga – tradotto con la lingua dell’uomo -, mi avete deluso: lasciatemi stare un pò”. La notte, una nottaccia, fu bestiale: loro in mezzo alla tempesta a vivere come naufraghi, Lui sulla cima della montagna a pregare. A scervellarsi sul da fare: “Come ho fatto a scegliere questa tribù, Padremmio: è stata tutta acqua in un trivello?” Una notte di separazione, il classico vivere da separati sotto lo stesso tetto: come si fa a spiegare il mare a chi vede soltanto l’acqua? Ci (ri)pensa tutta la notte: quegli uomini, pur irriconoscenti, sono però la sua scolaresca, una scommessa, la più grande delle sue scommesse. Dunque?
Evviva i proverbi: «Il pesce si prende coll’amo e l’uomo con la parola». Lui ridiscende, li vede crogiolarsi nella paura, li becca nell’attimo della bancarotta, nel frangente in cui “Stavolta scappa il morto!” Sono così disperati che il capociurma vede fantasmi dappertutto: «Se sei tu – grida esasperato – comandami di venire verso di te, sulle acque». Nessuna ripicca: «Vieni!», perchè in mare ci sono cose che impari quando tutto è calmo, ma i fondamenti li impari sotto la tempesta. La distanza tra loro è irrisoria: due passi, un cavallone, una bracciata. Al pescatore, il catechismo che pure sapeva bene a memoria non servì affatto. La sua catechesi è un baccano fifone, un urlo che sbugiarda tutta la sua boria, è un pallone sgonfiato: «Signore, salvami!» (cfr Mt 14,22-33). Nel mare, come nella vita, c’è chi nuota, chi si sbraccia, chi s’aggrappa. Chi affonda, chi riemerge: la vita è un mare aperto. Quando Pietro guarda Cristo, cammina sulle acque come sul velluto di casa sua; quando ascolta le paure – «Vedendo che il vento era forte s’impaurì cominciando ad affondare» – firma il suo annegamento. Piange: ha tempeste interiori in corso d’opera, Pietro.
Alla fine si riappacificano: “Vieni qui in braccio mio: stai tranquillo, non è successo niente, ti amo per come sei!” bisbiglia l’Amico all’amico. L'(amo) è la parola più pericolosa per il pesce e per l’uomo: si (re)inizia sempre così, da un amo. Da un piccolo promemoria-salvataggio: mentre affonda, Pietro non si ricorda più nulla. Ricorda solo l’indirizzo civico dello sguardo di Cristo: si volta, come un girasole sott’acqua, verso il sole. Ha capito la lezione, ha rischiato l’affondo. Ripartono. Ripartiranno sempre così, dopo ogni sbandata.

(da Il Sussidiario, 8 agosto 2020)

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!» (Matteo 14,22-33).

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Dal 3 giugno in tutte le librerie I gabbiani e la rondine (Rizzoli), il nuovo libro di Marco Pozza

La sofferenza, la rinascita, la bellezza nella Via Crucis che ha commosso il mondo.
Roma, 10 aprile 2020, Venerdì Santo. Nel pieno della pandemia, la Via Crucis celebrata dal Papa non si svolge in mezzo alla folla, nel Colosseo, ma nella piazza San Pietro deserta, sotto lo sguardo dell’antico crocifisso della chiesa di San Marcello al Corso. Le parole che risuonano nella notte della morte e del dolore provengono dalla parrocchia del carcere di Padova: a meditare sulle quattordici stazioni della Passione di Cristo è un’intera comunità di uomini e donne che abita e lavora in questo mondo ristretto. “Mi sono commosso” ha scritto Papa Francesco. “Mi sono sentito molto partecipe di questa storia, mi sono sentito fratello di chi ha sbagliato e di chi accetta di mettersi accanto a loro per riprendere la risalita della scarpata.” In questo libro, partendo dalle meditazioni sulla Via Crucis raccolte e scritte insieme alla giornalista e volontaria Tatiana Mario, don Marco Pozza ha costruito un racconto sulla fede e la risurrezione dei viventi: la Via Crucis di Gesù diventa così una Via Lucis degli uomini, la cui sofferenza è stata riscattata da Cristo in persona. “Mai celebrata una Via Crucis così” scrive l’autore. “Pareva davvero d’attraversare l’Odio desiderando l’Amore.”
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