(A Padova per vincere il degrado nel piazzale della stazione, si cacciano i clochard con il filo spinato. Ci sono sere nelle quali l’eco di certe immagini fa rabbrividire il cuore: perchè sembra che a volte la storia non sia per nulla maestra di vita, come amavano sospettare i latini).

clochard

Come una spettacolare partita a ping-pong; con la drammatica constatazione che al posto della pallina da gioco ci sta quest’oggi la figura del clochard. Tra la civiltà dei puliti e dei profumati e la società dei reietti e dei puzzolenti ci sta un filo spinato a tutelare il divario. E’ vero: i vestiti del clochard puzzano di vecchio, il suo guardaroba è intriso di sudore, le sue scarpe sono rattoppate; la sua presenza non allieta nessuna città degli uomini. E’ altrettanto vero, però, che il filo spinato è un’immagine che la storia mai ha perdonato all’uomo: dividere il mondo in buoni e cattivi, belli e brutti, ciccioni e snelli è sempre stata un’operazione approssimativa che mai ci ha reso onore. Perchè dietro il volto di un uomo di strada ci sta sempre un’infinità di possibilità: non solo l’uomo fannullone, ma anche il papà che ha perso la casa, il ragazzo sfrattato, l’ex-carcerato mai reintegrato, il laureato senza un posto di lavoro. Cacciare i clochard è come voler far sembrare bella una casa buttando tutto nello sgabuzzino, come se non facesse parte di essa. Il filo spinato è un’immagine indegna di una società civile: magari domani potremmo anche noi diventare, per chissà quale motivo, clochard in qualche altra zona del mondo.
“L’odore del gregge” addosso – e non il profumo di Calvin Klein – è l’auspicio lanciato da Papa Francesco ai sacerdoti: avercelo addosso significa averli frequentati, aver toccato i loro cenci, essersi seduti nei loro cartoni. E’ pertanto una proposta che non stupisce quella messa in atto nella stazione di Padova, ma s’allinea ad una maledetta convinzione: che l’uomo vada allenato per vincere. Quando invece la vera educazione è quella di chi – frequentando e dando voce ai bassifondi della storia – mostra all’uomo come fare a gestire una sconfitta, fosse anche la sconfitta della povertà. Sui binari sfrecciano treni ad Alta Velocità: ai margini dei binari vive una fetta di umanità rimasta completamente a piedi, non sempre per volontà loro. Pochi possono correre a velocità vertiginose, i più avanzano a passi lenti e zoppicanti: forse per loro – che dell’umanità sono la maggioranza – si potrebbe pensare a qualcosa di più umano di una discarica a cielo aperto. Perchè il biglietto da visita di una società civile non è una stazione ordinata e ripulita dai suoi mendicanti ma una società che al suo interno sappia fare spazio anche a chi, bontà sua, odora di strada pur senza essere automaticamente un delinquente pericoloso da isolare.

(da Il Mattino di Padova, 5 aprile 2013)

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