Trenta chilometri alla disfatta. E come ultimo omaggio di una vita da Fallito una truffa in piena regola, con tanto di evangelica approvazione: è il primo caso di falso cieco che la cronaca annoveri tra le sue pagine. Del truffatore si traccia un identikit verosimile: il nome è Bartimeo, la genealogia lo addita come il figlio di Timeo (bar/figlio) e i segni particolari sono la cecità degli occhi, con l’aggravante d’essere nell’antichità molto legata alla condizione di clochard. Mica sprovveduto l’uomo, seppur cieco: a Gerusalemme il troppo caos non favorisce la compassione, meglio sedere ai bordi della carrozzabile che conduce a Gerico: lì, seppur parca, la gente sovente lascia cadere qualche monetina nel mantello dei mendicanti. E’ cieco, ma l’udito gli funziona a meraviglia, nel tunnel dei suoi timpani gli riesce ciò che la Natura ha reso deficiente negli spazi delle pupille: non vede, ma avverte il passaggio di passi strani ma dal sapore assai familiare per lui, perdente come mille altri perdenti nelle piazze e nelle strade dei Vangeli. Stavolta c’è l’occasione della vita e si gioca tutto. Lo vogliono mettere a tacere – forse non era “dei nostri” – gli impongono la prigione pure delle parole, oltrechè delle immagini: non bastava la miseria di pupille incapaci di scorgere i lineamenti delle cose e i volti dell’umano. Loro sì che ci vedevano bene: così bene da accorgersi che il loro passo non reggeva il ritmo dell’Altro passo, quello del Nazareno Guaritore. Se la vista gli difetta, chiede aiuto alla gola riarsa: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!” (liturgia della XXX^ domenica del tempo ordinario). Smascherata la truffa: perchè un cieco che riconosce la fisionomia di un volto – il Volto più indecifrabile della storia, tra l’altro – tutto può dire di sé ma non di essere un uomo privato della vista: simpaticissime ironie celesti.
L’Altro passa e s’arresta: è che talune volte gli piace farsi chiamare pure Lui, sentirsi cercato, desiderato, invocato. Non è pia esigenza di vanità: è semplice ricerca di un frammento di fede cristallina. E’ nostalgia di vera fede. I suoi non possono accettare, lo vorrebbero spingere oltre, tenere distante dalle sozzure dell’umano, non rendere immondo pure Lui ai disastri del peccato. No, Lui s’arresta, affondato da quel grido così rauco da supplire la mancanza della luce: “chiamatelo!”. Straordinario il Maestro: “chiamatelo proprio voi che vorreste metterlo a tacere. Voi, non altri”. Fine l’ironia del Nazareno, l’Artista che gioca sulle sfumature del cuore per svegliare e allargare il pensare della sua gente. Convinto che della sua Novella Buona non avranno timore i perdenti ma coloro che a Lui si prostreranno in odore di santità. Basta quell’imperativo – chiamatelo! – per far nascere in loro l’esame di coscienza meglio riuscito della storia: i veri ciechi sono loro che sgridano il cieco per farlo tacere. L’unico che ci vede davvero bene è colui che non ci vede, il cieco della strada di Gerico. Chiamatelo! E lui getta il mantello, balza in piedi e corre dalla Luce: “mio Signore, che io possa vedere!” Vedere uomini che camminano, alberi che si stiracchiano, il rincorrersi delle nuvole a primavera, la traiettoria della volpe nella neve, l’incunearsi dell’arco al tirar della freccia. Che io possa vederTi! La cecità che cerca disperatamente la Luce, la miseria al cospetto della Grazia: “Và, la tua fede ti ha salvato”.
(Nella sua radice più profonda, cos’è la preghiera?) La preghiera cristiana è innanzitutto ascolto. Dio ci parla: questo è lo straordinario della nostra fede. Per farsi conoscere Dio ha scelto liberamente di rivelarsi a noi, di alzare il velo su di sé dandoci del tu. Questo mi sembra il nucleo della preghiera cristiana, ben espresso dalla preghiera fatta dal giovane re Salomone che, in risposta all’invito rivoltogli da Dio di chiedergli qualunque cosa, dice: “Donami, Signore, un lev shomea‘, un cuore capace di ascolto” (1Re 3,9). Noi uomini abbiamo bisogno essenzialmente di questo, per conoscere la volontà di Dio e ad essa ispirare la nostra vita, per accogliere l’amore di Dio e rispondergli amando lui e i nostri fratelli, gli uomini tutti (Padre Enzo Bianchi)
Sulla carrozzabile verso Gerico l’avevano additato come falso cieco il figlio di Timeo. Analisi approfondite hanno svelato che in realtà quell’uomo, accattone di Luce, in realtà era un non vedente al quale riuscivano cose impossibili al manipolo di discepoli: vedere col cuore l’essenziale della storia. Cieco lui secondo i referti dei discepoli professionisti, come cieco verrà decretato il ladrone della Croce, la Maddalena dai mille pruriti, la donna da decenni sanguinante. E tutta quell’interminabile tribù che il mondo tacciò di cecità cronica. Alzati! E racconta la Luce che ti ha accecato al punto tale da ridarti la vista; e con essa l’ebbrezza della luce, il mistero dei chiaroscuri, l’evidenza della Grazia all’opera.
Bartimeo era cieco e ha riconosciuto Cristo; io ci vedo benissimo – parole dell’oculista – e Cristo m’è passato innanzi anche oggi: eppure non l’ho riconosciuto. Con ironia l’invito era diretto a me: Alzati, Marco!