In principio era il Verbo, ma era imprigionato presso Dio nella forma all’infinito. Fu per questo che Cristo scelse di farsi Parola: per coniugarsi al presente con l’uomo, ed essere sua declinazione nell’eternità. La sua e-vocazione fu -ed é-, per molti, il segno di una pro-vocazione. Sarà perché Cristo alle parole ordinarie preferì sovente le parabole, annunciando la verità col contrario di ciò che realmente é. Fuori metafora, infatti, il Dio giudice, lontano e indifferente alle suppliche é l’immagine che l’uomo spesso si costruisce di Lui e non ciò che realmente egli é. A chi gli chiede conto del Regno e della sua venuta, poi, risponde che é già presente ma non attira l’attenzione perché é invisibile essendo un piccolo semino depositato nel cuore dell’uomo, esso cresce e si propaga quanto più lo si desidera. I giri di parole di Cristo coincisero sempre col suo girovagare: si fermò ancora una volta, l’ultima, prima di procedere e di precedere, annunciando che bisogna. Bisogna pregare (cfr. Lc 18, 1), allo stesso modo in cui bisogna che Lui vada in croce (cfr Lc 24, 7): la preghiera deve avere la stessa veemenza che ebbe il Dio Amore quando consegnò se stesso sulla croce. L’orazione é un’altalena che oscilla tra il desiderio dell’uomo di stare a cuore a Dio e il desiderio di Dio di stare a cuore all’uomo. Essa é l’effetto della precarietà implicita in ogni relazione, per durare va alimentata reciprocamente: da una parte Dio, che desidera talmente tanto l’uomo da mendicare il suo amore fino a dare la vita per lui; dall’altra una vedova -la Chiesa- che attende che Dio venga, che intervenga e faccia giustizia contro il male, e che desidera talmente tanto che questo avvenga al punto d’arrecargli fastidio. Pregare é dunque la palestra in cui portare i propri desideri e bisogni ad allenarsi, farli scontrare e combaciare con quelli di Dio: i risultati non sempre sono immediati e visibili ma nella dilazione degli umani desideri si scopre che l’essenza di Dio è puro desiderio ed è Lui a desiderare di più. D’esser trovato quando sembra nascondersi, ghermito quando sembra indugiare, sfidato a duello quando sembra assentarsi.
Proprio questo duello corpo a corpo rivela un Dio che si dona e non un Dio del dono: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice “Dammi da bere”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (cfr. Gv 4, 10), disse assetato d’amore alla samaritana che desiderava Lui senza saperlo. Prontamente disposto a concedersi più che a concedere, Egli non dona ciò che gli si chiede, molto di più!, dona se stesso, senza stancarsi mai.
«Dio non esaudisce i nostri desideri, ma le sue promesse» (D. Bonhoeffer): nella promessa di un’alleanza eterna l’uomo scopre che la sua vera identità é fatta di desideri fra i quali solo Dio é il più vero, essendo Egli l’altra metà, la parte mancante che permette a ciascuno di realizzare pienamente ciò che veramente é: non vedova ma sua sposa.
Una paura alberga nel cuore di Cristo, la stessa che da sempre attanaglia l’uomo, quella di non essere amato: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» Quanti accolgono i desideri di Dio e li fanno propri sono già in possesso del Regno.
«Beati quelli che sanno chiudere gli occhi, e che in abbandono infantile stringono il mazzo di tutte le loro forze» (F. Mauriac).