Nessuno tocchi il bastardo: da oggi – se dubbio ancora esisteva – ha un “permesso di soggiorno temporaneo” rilasciato dalla questura di Nazareth. Non importa se da che mondo e mondo grano e zizzania, Bene e Male, Grazia e Peccato si molestano a vicenda: “lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano, invece, riponetelo nel mio granaio” (Mt 13,24-43). Una botanica discutibile e discussa quella elaborata dal Contadino. Come quella della pesca compiuta gettando le reti in alto mare mentre il sole le irritava e irrideva. O come la morte perpetrata fuori dalle mura della città, al pari del delinquente. Del ladrone. Del malfattore. Discutibile pure Lui, insomma.
Morte certa al bastardo, Signore: sarebbe ora di un castigo esemplare. Di una morte anticipata. Di una pena proporzionata al delitto compiuto. Di un macigno sulla sua testa. Di un viaggio anticipato e senza ritorno nell’Aldilà. Di una sofferenza pari alla sofferenza provocata. Perché la responsabilità è grave, pesante, inequivocabile, lacerante, disumana, indigeribile, stancante, gravosa e sfibrante. Perché ha violentato e soffocato, offeso e massacrato, molestato e deriso. Zizzania da estirpare al più presto: c’è il buon grano da salvaguardare. E’ che un dubbio persiste: a Lui importa più il grano o la zizzania? Che strano questo trattamento riservato al bastardo/zizzania: ancora una possibilità, un’occasione di riscatto, un tentativo di ri-educazione, un’occasione di rinascita, una chance d’attesa umanità. Un Dio che s’imbroglia di proposito nell’amore per l’uomo da non convincersi mai che per l’uomo sia tutto finito. Oggi è la zizzania, ieri era il fico che tutti volevano tagliare. Domani magari sarò io quando tutti mi vorranno cancellare. “Lasciateli crescere insieme”. Cioè ti lascia vivo, ti lascia te stesso, ti dà fiducia perché vede in te delle spighe che tu non sai più dove siano. Ti lascia vivo perché è paziente, perché ogni anno la sua voce risuona per scusarti di fronte al padrone della vigna. Ancora un anno! Poi? Forse lascerà che il padrone ti tagli. O forse ripeterà lo stesso discorso l’anno prossimo, poi il prossimo anno ancora, come uno smemorato vignaiolo che fa finta d’invecchiare.
«Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
(cfr Vangelo di Matteo cap. 13 vv. 24-43)
Per fortuna c’è questa eccezione riservata ai bastardi della storia. Che a noi rilancia due guadagni eccelsi: sapere che nulla è mai perduto sino alla fine e renderci coscienti che viviamo solo perché il padrone è paziente, perché continua a zappare e a lasciar crescere, perché non si stanca di concimare sognando sempre il domani. Precario io, precario tu. Precari ma immeritatamente-raccomandati perché il Padrone ci regala ancora un anno di tempo per vivere. E convertirci. Un mese. Un giorno. Un’ora. Un secondo. Un millisecondo: cambia qualcosa nell’economia dell’Amore? E’ sempre tempo in più: non scontato, non meritato. Non atteso! C’è chi pensa: ormai è tardi, la situazione è irrimediabile, la pazienza di Dio è esaurita. E c’è chi pensa: Dio è paziente, c’è sempre tempo. La parabola ci suggerisce un altro atteggiamento, piuttosto: il cambiamento, la conversione è ancora possibile, ma non si può programmare né approfittare della pazienza di Dio.
“La speranza nasce dal fondo dell’abisso. Se io sono disperato, condannato, specialmente se sono ergastolano e so che la mia data di liberazione è il “mai”, ecco che può venire fuori tutta la bellezza e la potenza dell’uomo. In quel momento sei senza futuro, eppure senti che un futuro in qualche modo te lo devi inventare. E’ un controsenso, si intende. Però basta che dal fondo intuisca uno spiraglio, perché ce la possa fare. Anche se sarà doloroso arrivare fino in cima. Ma so che la luce esiste. So che si può. In carcere ci si addormenta con mille interrogativi, qualche giorno ci si può anche svegliare con una risposta”. (Alfredo Bonazzi, 7000 giorni di galera per l’omicidio di Viale Zara, Milano 3 aprile 1960)
Che il bastardo abbia ricevuto un “permesso di soggiorno temporaneo” solo per i benpensanti di Nazareth (solo di Nazareth, capitemi bene) suona come una bestemmia azzardata. Che il Contadino/Cristo ci lasci vivere facendo i conti con la zizzania per la legge del Vangelo è il segreto migliore per diventare santi: d’altronde è legge dello sport che laddove l’avversario è forte la vittoria è più bella. Ci fossero solo spighe nel campo sai che noia? Perché nel Vangelo la perfezione annoia dal momento che non ha fantasia.
Lui, invece, della fantasia ha fatto il suo segreto per sorprendere l’umano.