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Dopo duemila anni di buona-novella, in piena pandemia, come impiegano il loro tempo certi cristiani? Riaprendo le vecchie macellerie, quelle che Cristo, a più riprese, definì illegali, diaboliche, maledette per l’anima. Tutte supportate da rivelazioni private che, guarda caso, diventano pubbliche a giochi-fatti. “Vedete: la Madonna aveva detto alla Tina che sarebbe successo questo tre mesi fa!” La Tina, però, lo dice adesso, incidendo sulla tastiera le visioni a-domicilio. “Dio mi ha detto di dirti di pregare per placare la sua rabbia” mi ha scritto una signora, a toni forti e convinti: non convincenti. Il Dio cristiano è davvero un macellaio che, mentre il popolo langue, si diverte ad infettare il mondo per vincere la sua solitudine? A che cosa è valsa, dunque, l’avventura di quell’Uomo che, dal silenzio di Nazareth, è partito, con nulla addosso eccetto la sua voglia di Redenzione, per conquistare i cuori? Una pandemia, a sentire loro, è la campanella che Dio suona per dire: “Adesso voi finite, che inizio io a divertirmi!” Scusate, di un Dio così non solo non so che farmene, ma ve lo lascio volentieri: un Dio irrazionale, non sono diabolico. «Io vi dico che se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo» (cfr Lc 13,1-9). Dunque?
La pornografia del Male tiene in ostaggio il mondo, anche una porzione di mondo “cristiano”, in questi giorni pestiferi, pestilenti, pestilenziali. Ha ragione Emile Cioran a scrivere che «all’interno di ogni desiderio lottano un monaco e un macellaio». Leggere questa situazione come castigo di Dio è firmare un’autocertificazione per dichiararsi fuori dalla Grazia di Dio, letteralmente. “E’ fuori dalla grazia di Dio!” diciamo di qualcuno che parla a sproposito, con parole a vanvera. E’ la Grazia di Dio, infatti, ad offrire parole giuste in tempi apparentemente ingiusti: «Dio si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Può, dunque, il Dio che sposa l’umanità volerla poi distruggere infettandola di male? “La Chiesa dov’è in questi giorni?” grida, a sproposito, qualcuno. Non la vedete? Togliete le eccezioni – c’è sempre qualcuno che scambierà il lutto-cittadino della Via Crucis con un bambinesco “Tana libera tutti!” – e guardate cosa stanno facendo i preti: stanno pregando. “Con tutto quello che c’è da fare, sono barricati in Chiesa!”, dicono in tanti. Sono barricati in Chiesa (non nelle canoniche, ndr) per un semplice motivo: sanno che il Dio cristiano non è un Dio che condivide il dolore e la morte, è un Dio che libera dal dolore e dalla morte. La differenza è un abisso: se lo condividesse e basta, sarebbe un Uomo altruista come tanti. Invece l’Uomo in causa è anche Dio: se non ci liberasse dal dolore e dalla morte, non sarebbe più Dio. In questi giorni vedo mia cognata partire all’alba, rincasare dopo il tramonto: è un medico anestesista, mette a disposizione ingegno, professionalità, cuore-straordinario per operare, curare, guarire la gente. Ha segni sul volto, sguardo sofferto, la preoccupazione di chi staziona alla frontiera. È la cura orizzontale del virus. Quella verticale non la vanifica affatto, la potenzia, completandola: «Ho chiesto al Signore di fermare l’epidemia: “Signore, fermala con la tua mano. Ho pregato per questo» ha confidato Papa Francesco dopo la sua visita a san Marcellino al Corso. “Fermala!” non è affatto dire “Smettila di divertirti!” E’ l’opposto, è dire: “Solo tu puoi riscattare il Male, noi possiamo condividerlo tra noi, sostenerci a vicenda, curarci. Ma non basta!” È tantissimo, ma solo Dio, con un intervento potente, può caricarsi di tutto il male e annullarlo. È Dio.
La Chiesa, inserita nel tempo, opera: si adopra, si mette all’opera. Ma non è per questo ch’è nata. E’ nata per essere il presidio di Dio quaggiù, il luogo dentro il quale l’uomo possa gridare a Dio: “Intervieni tu, fai presto!” Non è un’accusa blasfema di divertimento, distrazione. È una supplica devotissima: “Da soli, non ce la facciamo!” Non che Dio non se ne accorga, sia chiaro: è che, certe volte, attende d’essere invocato, per non apparire un despota. Non è da Lui mettersi-in-mostra, fare l’invadente: soffre, in attesa d’una chiamata, per riscattare tutto il male. Per riscattare, non per condividere: quello l’ha già fatto per trent’anni e passa. “È un macellaio!” bisbiglia Lucifero. Dice così perché è un animale da macello Lucifero.

(da Il Sussidiario, 20 marzo 2020)

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