Non dev’essere stato facile, per Giuda l’Iscariota, liberarsi definitivamente dell’amico di Nazareth: con la complicità di un pezzo di pane – “Il corpo di Cristo, Giuda (Amen) -, prima ancora d’essere tradito, Cristo si era reso prigioniero anche della sua creatura più discola, dell’amico screanzato seduto nella parte più lontana della tavolata. Giuda, nel tempo, si era forse illuso di riuscire a fare arrestare il Cristo senza sporcarsi le mani, restando ben nascosto tra la folla. Fu costretto, invece, a metterci la faccia, addirittura a poggiare le labbra alle sue: «Quello che bacerò, è lui: arrestatelo!» (Mt 26,48). Sapeva bene, Giuda, che l’Amico era diventato uno di loro in tutto e per tutto: «Pur essendo di natura divina (…) spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini» (Fil 2,6-7). Si era fatto così simile agli uomini che, quand’era in vita, la Samaritana non lo riconobbe affatto: lo prese addirittura in giro! I suoi nemici lo risparmiarono non perchè è Dio ma per il timore della folla. Una somiglianza così perfetta con le sue creature intralcia la strada anche a (don) Giuda. Alla plebaglia di soldati venuti per ammanettarlo e portarlo via, non può dire: “Lo riconoscerete dalla statura, dai lineamenti o dagli zigomi. Dal sorriso, dalla postura, dal vestiario”. Nemmeno la sua maestà cucita addosso sarà un segnale inequivocabile. Nulla di tutto ciò: Giuda si vide costretto a dovergli dare un bacio per identificarlo altrimenti i soldati, pur muniti di torce, non l’avrebbero riconosciuto in mezzo a quegli undici galilei che stavano con lui. Era uomo tra gli uomini, così uomo da faticare a credere che fosse Dio.

Si mimetizzò così bene nell’umanità da diventare una specie di ermellino. Dio si mimetizza a tal punto tra di noi che riesce persino difficile distinguerlo: lo scavalchiamo più volte al giorno senz’accorgerci però che è Lui, senza pensarlo, senza vederlo. È un mendicante disteso davanti alle nostre scarpe ma l’eterno, al contrario di ciò che c’immaginiamo, è ciò che di più debole esista al mondo: «Se io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovrete lavarvi i piedi gli uni gli altri (Gv 13,14)». Per vedere il debole occorre una forza inaudita, tanto quanta ne serve per tradire l’eterno con un bacio. Quando, poi, Giuda si avvicina, Cristo decide di restare il signore maiuscolo ch’era stato fino allora: invece che tradirlo lo combatte con lealtà, accettando che il loro amore prosegua come Giuda si è messo in cuore di volerlo far proseguire. Tante cose Giuda ha in suo potere ma l’unica cosa che non ha in suo potere è il potere di fare in modo che la sua bruttezza riesca ad abbruttire Cristo. Una leggenda narra che l’ermellino è così angustiato dalla purezza del suo mantello che, per catturarlo, basterà bloccare le vie di fuga con dei mucchi di fango, eccetto una: l’ermellino preferirà venire catturato piuttosto che vedere macchiato il suo mantello. Cristo, piuttosto che diventare brutto come loro, si lascia catturare. Dio non dà una risposta al tradimento disperato di Giuda: Dio gli dà se stesso. Anche se costa.

A tal punto è giunta l’umanità di Cristo, fino a questo punto la solidarietà di Cristo si è spinta da impedire a Giuda di poterlo indicare col dito, accentuandone una differenza. Potrà tradirlo, ma per farlo dovrà avvicinarsi al punto da dargli un bacio: «Non si potrebbe essere più uomo di questo Nazareno di bassa lega, di cui i sacerdoti si sono così tanto beffe di Lui e che, ancor prima che la croce lo sfigurasse, intimidiva così poco le guardie e i cortigiani che fu schiaffeggiato da un domestico del gran sacerdote» (F. Mauriac). Preferì farsi catturare piuttosto che sporcare la purezza del Volto: anche gli sputi, quando vengono a contatto con la pelle di Cristo, acquistano una certa nobiltà. Non dev’essere stato facile, per Giuda, decidersi di tradire l’Amico. Non è stato facile, per Giuda, far capire ai soldati chi fosse l’Uomo da arrestare. Non è stato facile, per i soldati, arrestarlo: «Appena disse “Sono io”, indietreggiarono e caddero a terra» (Gv 18,6). Non è facile infangare il mantello dell’ermellino: lui, piuttosto che sporcarsi, preferisce farsi catturare.

(da Il Sussidiario, 29 marzo 2024)

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3 risposte

  1. Quanta sofferenza!!!! Ma con lei C’è Lui. Questo mi salva. Grazie Don Marco per le tue meditazioni. Anche per il venerdì Santo nel tuo libro.. mi accompagna e mi aiuta. Buon venerdì Santo a tutti voi. 🙏💓🙏

  2. Grazie Don Marco! Sempre molto vicine alla ns quotidianità le tue perle su Gesù. Ti aspettiamo con gioia qui a Marcheno il 23/4! Buona Santa Pasqua!

  3. Grazie don Marco una meditazione da brividi,non aggiungo altro. Buon Venerdì Santo a tutti voi e a tutti noi peccatori.

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