Quanto piace, ad una certa percentuale di cristiani, il fascino del terrore, la presenza consolante della paura. Tant’è che, leggendo delle riflessioni che lasciano scritte come traccia del loro passaggio, mi ritorna alla mente una frase dell’esploratore afgano Tahir Shaz: «Arriva un momento in cui un uomo preferirebbe morire subito colpito da un proiettile invece che restare in preda al terrore sconosciuto di un fantasma nella foresta». Governare il mondo con la paura, facendo leva su quegli istinti primordiali che sono tipici di una lotta per la sopravvivenza, è un gioco da bambini: come si fa a divertirsi una volta diventati adulti? La scoperta che ne consegue, però, non è proprio così scontata: chi si diletta a giocare con la paura – e lo fa perchè così “si vince facile”- sa bene che la gente è terrorizzata alla sola idea di venire liberata da qualcuno. Per questo si tiene bene aggrappata alle proprie catene e si opporrà con tutte le sue forze verso chi vorrà spezzare quelle catene. La predicazione cristiana, una sorta di annuncio di una liberazione a disposizione di tutti/e, non è esente da tale rischio, anzi: per fare in modo che la gente si avvicini alla Chiesa, non si vergogna d’andare a ripescare le forme più innate della paura, per poi smontarle e (ri)montarle a suo piacimento.
In questa stagione, dove il male sembra avere l’ultima paura, il bocconcino è troppo ghiotto per non mangiarlo anche senza fame (peccato di gola, ndr): “Calchiamo sulla paura, così la gente ci ascolterà”. E così l’informazione diventa terrore, la cronaca diventa carne da macello, la religione una delle tanti armi di distruzione di massa. In tal modo varrà il tutto e il contrario di tutto: ognuno potrà dire ciò che gli passerà per la testa – “secondo me, è una mia opinione personale” – e troverà sempre qualcuno pronto a dargli in affitto un qualche spazio del suo pensiero, senza chiedersi come mai il Vangelo sia buon-novella, non novella-agghiacciante. Perchè, per fortuna o peccato, Cristo ha deciso di fare l’esatto contrario: di lasciare perdere la paura (“così fan tutti”, avrà pensato sin da bambino) e di fare leva sulla gioia e su tutte le sorelle più nobili di quel casato: la bellezza, la tenerezza, la libertà e la scelta, l’amore e il rifiuto dell’amore stesso. Il prezzo da pagare fu altissimo: fu crocifisso (anche se qualcuno ancora si ostina a dire che è morto di freddo o di tetano, ndr) per non tradire il suo sogno bambino, che era quello di mettere l’uomo e la donna prima di tutto. Fu un’impresa ardua, identica a quella che vediamo in corso d’opera con Papa Francesco. L’hanno messo nel mirino, i puritani del cristianesimo, per quella sua pazza idea di riportare l’uomo al centro: “Prima l’uomo, poi le regole. Le regole a servizio dell’uomo, altrimenti è schiavitù”. Che è la parte meravigliosa dell’etica cristiana: non dirti ciò che va fatto o non fatto sotto le coperte o appoggiati al davanzale, ma insegnarti quell’arte premurosa, ch’è tipica delle madri, di compiere ogni singolo gesto, anche il più piccolo, con sempre meno banalità. Con sempre più significato. Niente, signori: non si accetta! “Le regole sono regole, è scritto così, Dio s’incazza, la Madonna non verrà più a trovarti, andrai a finire nell’inferno!” Il fatto che l’inferno esista, è materia di fede: la cosa che non tutti vogliono capire è che all’inferno non ti ci manda Dio (o sua Madre), all’inferno decidi tu di andarci oppure no: con le piccole scelte di ogni giorno. Tutto qui, nessuna paura. Che il Dio cristiano, poi, le provi tutte per farti ragionare, questo è materia di affetto e non di paura. Il cristianesimo, pensateci bene, è tutto qui. Perchè continuare a far leva sul terrore? Non fanno così anche i pagani?
Quando sento qualcuno colorare il Cielo di tinte fosche, penso che il male si può uccidere solo seppellendolo di risate: lui, bastardo, esiste solo quando è capace di creare un senso di angoscia e di terrore incontrollabile. E’ come nei film: uno degli strumenti più efficaci per terrorizzarti è di fare un bellissimo primo piano, subito, sullo sguardo di terrore dei suoi personaggi. Un gioco da bambini, vedete? Fanno così, in questi mesi, anche tanti uomini di Chiesa: «Non nego che ci debbano essere preti per ricordare agli uomini che un giorno moriranno – scrisse G. Chesterton – Dico solamente che in certe epoche strane, come questa, è necessario avere un altro genere di preti, chiamati poeti, per ricordare agli uomini che ancora non sono morti». Più poeti, dunque: cosicchè, rispettosi del distanziamento, ricordino agli uomini che Natale è l’annullamento delle distanza tra Dio e l’uomo. Altro che paura.