Accadrà: il fatto è certo. Circa il quando, però, nessuno sa: pare incredibile a pensarlo, ma «nessuno lo sa, nè gli angeli nel cielo nè il Figlio, eccetto il Padre». Inutile, dunque, chiederlo a Gesù Cristo: manco lui è in grado di sapere quando tutto ciò accadrà. A differenza nostra, però, nessun allarmismo, a mò di scossa, gli sconquassa il cuore. Ciò che gli preme raccomandare – visto che a lui qualcuno si consulta come con un consulente affidabile – è di prestar grande attenzione ai dettagli: “Amici – pare sentirlo parlare nel suo ufficio ch’è sempre stata la strada -, fate attenzione: la differenza tra qualcosa di buono e qualcosa di grande è l’attenzione ai più piccoli dettagli”. Chi vorrà diventare protagonista di grandi cose, si ricordi di pensare profondamente ai dettagli. I dettagli: proprio quelli che Cristo usa, ingigantendoli a dismisura, per mostrare come il Regno di Dio, in realtà, stia già abitando e perlustrando le arterie stradali della storia di quaggiù. Può non essere ancora diventato un albero, ma è certamente un seme che ne annuncia l’arrivo: non veste i colori sgargianti della farfalla, ma è piccolo come il bruco che della farfalla è l’anteprima. Non ha ancora, il Regno di Dio, la fragranza del fico che mette allegria al palato, ma sul ramo appaiono i germogli che annunciano la prossima apparizione. E poi la raccolta: «Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina». Dopo l’estate, il frutto maturerà squisito. La foglia – timida, imbarazzata, fragile – non è il frutto di fico: eppure, appena la si intravede, riappare la certezza che l’estate è vicina. Che il bello sta per arrivare.
Nei Vangeli chi non presta attenzione ai dettagli sarà condannato a restare impigliato in una banale superficie, perchè «la verità della storia è nei dettagli» (P. Auster): piccoli, piccolissimi dettagli che risultano magari impercettibili, sono loro a decidere il tutto. A Cristo tutto si può rinfacciare, ma non che non presti la massima cura al dettaglio: lo zucchero a velo sulla torta, il basilico nel sugo, il bottone sul polsino. Più onestamente: i due soldi della vedova, la foglia del fico, il rosso del tramonto. I gigli del campo, il lievito nella pasta, la moneta che cade per terra. Il grido del bambino, quello rauco del ladrone, lo sguardo di Veronica e il profumo di Nicodemo. I dettagli non sono per chiunque e la loro bellezza è che loro fanno apposta a non farsi notare da tutti. A farsi notare da pochi. È nei dettagli, però, che il Regno di Dio lentamente si avvicina: «Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo». Una paura boia, di quelle che fanno novanta? Assolutamente: “Accarezza questi dettagli – sembra ti dica Dio -, accarezzali questi divini dettagli”. Lo scrisse Henri Cartier-Bresson che nella fotografia, la più piccola cosa può essere un ottimo soggetto. Il piccolo dettaglio umano può diventare un leitmotiv. Ragione per cui la maggioranza, se qualcuno gli chiedesse di scrivere la sua autobiografia da vivo, imbarazzerebbe tutta: “Non ha nulla di speciale la mia storia, figurati: a chi potrà interessare tutta questa mia miseria?” Il fatto, invece, è un altro: la materia del racconto, per dire al modo di Dio, non è affatto questa miseria ma che dentro questa miseria ci sia il filo rosso di una Presenza che mai abbandona. Questo è il basilico sul sugo.
Il Regno di Dio non ha l’arroganza della bomba atomica o il fracasso del carro armato: sceglie d’esser quasi invisibile come un germoglio, una foglia, del lievito. Anche Dio è così: “Tu lasciami qui – sembra supplicarci – nascosto tra i dettagli invisibili di cui si accorgono solo gli amanti” è la richiesta a chi invece, vorrebbe tenesse un’evidenza arrogante, di quelle tamarre. Perchè, dunque, avere paura di guardare in faccia i dettagli? Dentro di loro abita già il tempo del futuro: nel germoglio c’è già il frutto, nel bruco la farfalla, nello spermatozoo il bambino. Dio è così e ama essere così: anche Lui e il suo Regno sono sempre una questione di dettagli. Di quelli che qualcuno nota dove gli altri passano dritti.
(da Il Sussidiario, 16 novembre 2024)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre» (Vangelo di Marco 13,24-32).
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«Beati gli ultimi perché saranno i primi. A sorridere della spudoratezza di Dio». È la vecchia storia della maglia nera che c’è stata al Giro d’Italia dal 1946 al 1951: a indossarla, e dunque a vincerla, era colui che si classificava ultimo. Era, chiaramente, l’esatto opposto della maglia rosa, quella indossata dal primo arrivato. Valeva tanto quanto. Uno che se ne intendeva era Luigi Malabrocca, famoso proprio per aver indossato una maglia così epica e strana. Non è mai entusiasmante, nel mondo degli uomini, arrivare ultimi. Quando, però, incontri un ultimo diventato primo, è l’attimo nel quale ti si svela l’evidenza di quell’apparente assurdità architettata dal Cristo: «Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» (Mc 10,44). Il Cristo che, quando voleva deteriorare alla base le verità dei presunti santi, insospettiva con creanza e savoir-faire: «Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (10,31). Detto e fatto. Detto e rifatto. Con lo stile dissacrante e profondo che ormai gli è proprio, il parroco del carcere di Padova, vicino da sempre a Papa Francesco, segue il Vangelo di Luca per andare in gita dentro le sue provocanti immagini, in un cammino mai prevedibile come quello di Gesù, per ritornarsene poi nella vita di tutti i giorni con un’evidenza più luminosa. Come se, specchiandosi nelle pagine dei Vangeli, la vita – quella che, sovente, fatichiamo a leggere nei minimi dettagli – si ripresentasse ai suoi occhi in alta definizione. È la magia di parole, quelle evangeliche, che non hanno mai finito di raccontare tutto ciò che sognano di raccontare ai loro innumerevoli lettori» (dalla quarta di copertina).
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2 risposte
Meditazione bellissima… Piccole piccole cose e sempre vegliare.. grazie Don Marco e buon sabato in attesa della Festa..
Che meraviglia don Marco la Sua pagina! Stamattina il Signore mi ha mandato due meditazioni bellissime: quella di don Luigi Maria Epicoco e la Sua.
La prima, chiara e dunque di facile comprensione, mi è servita per risollevarmi dal buio in cui sono piombata.
La seconda, la Sua, don Marco, mi ha portata oltre i miei pensieri. Mi ha fatto “leggere” oltre le parole scritte.
Sono più serena di quando mi sono svegliata. Ringrazio il Signore Gesù di queste meravigliose opportunità di avere al mio fianco nel cammino intrapreso, oltre al mio Padre Spirituale, due Sacerdoti tanto illuminati. Grazie a Voi Tre, miei Angeli Custodi umani.