I nostri occhi sono forse un po’ viziati, troppo affaticati da un lavoro sempre più pressante a cui li costringiamo ogni giorno, in questa società così abituata a divorare con gli occhi migliaia di immagini ogni giorno. Fame di… frame, verrebbe da dire!
E allora l’occhio si sofferma solo su ciò che lo attira, ciò che è vistoso, appariscente, che fa bella mostra di sé. Ma fa fatica a scorgere ciò che si nasconde, ciò che non fa proclami, che non smania di comparire perché ha compreso che più del gusto di essere comparsi c’è la soddisfazione di poter lasciare un segno, un’impronta, di far cadere un seme che germogli curiosità, interesse e o tanti altri frutti duraturi, anche se di là da venire, e non sempre di immediato apprezzamento.
Ci sono “piccoli”, capaci di profondere impegno immane in occupazioni talvolta anche umili, ma sempre fondamentali, senza ricercare gloria personale ma avendo sempre ben presente il proprio obiettivo. Che spesso è molto grande e ambizioso, pur non risponde ad un’ambizione personalistica e vanagloriosa.
Ci sono piccoli che hanno lasciato impronte profonde nella Chiesa e nella società civile. Cito due nomi: un uomo e una donna, dalla vita tanto diversa eppure hanno fatto entrambi del proprio farsi piccoli la vera forza per fare cose grandi. Si tratta di due beati canonizzati entrambi da poco, dalla vita molto interessante, che mi piace accomunare per una caratteristica: non furono famosi per le loro prediche, ciò che ha lasciato il segno è stato il loro essere. Si sono fatti presenza tangibile di Cristo nel mondo.
Il primo, Padre Charles de Foucauld, dopo la sua conversione, scelse uno stile di vita molto particolare: sacerdote, visse in una piccola cappella a Beni Abbès, al confine col Marocco, unico cristiano in un paese di musulmano, rimanendo a disposizione di tutti quale ” piccolo fratello universale” e concluse la sua esistenza terrena a Tamanrasset, un villaggio Tuareg algerino, ucciso durante un assalto di predoni.
La seconda figura è forse ancora più conosciuta, quella di madre Teresa di Calcutta, che spese la sua vita a fianco degli ultimi per portare speranza anche laddove gli uomini avevano già emesso la propria sentenza di condanna e di emarginazione. «Puoi trovare Calcutta in tutto il mondo – lei diceva – , se hai occhi per vedere. Dovunque ci sono i non amati, i non voluti, i non curati, i respinti, i dimenticati»: un motivo, valido anche per noi oggi, affinché non ci sentiamo mai esautorati dal prenderci cura del fratello che ci sta a fianco e che ha bisogno di noi.
La Bibbia, che mostra le scelte controcorrente di Dio potrebbe forse aiutarci ad aprire gli occhi. A un Bambino affida il compito di cambiare il mondo, a una ragazza affida il compito di dire il sì più importante della storia, a una donna il compito di annunciare la Resurrezione ai suoi apostoli, mentre si ritrova a sfuggire alle grinfie del Potente di turno (Re Erode), come anche con ogni probabilità dai tentativi di “colorare” politicamente il suo messaggio e la sua missione. “Niente di nuovo sotto il sole” vien forse da pensare, verificando come la storia, implacabile, ripeta se stessa (ogni riferimento a fatti o persone che cavalcano l’attualità è puramente voluta).
Come ha modo di constatare monsignor Tonini, noi spesso non vi diamo abbastanza importanza, ma c’è una santità diffusa nella gente comune, che sa che dentro di sé c’è qualcosa d straordinario,sente di dover restituire ciò che ha ricevuto e mettersi a disposizione.1 Ci sono piccoli ignoti che ci passano accanto, sconosciuti ai più ma che nel silenzio e nel nascondimento ci insegnano a vivere: spesso genitori, nonni che con poche parole e molto esempio ci insegnano uno “stile” di una Parola che, solo se è concretamente incarnata nella vita quotidiana è capace ancora di parlare al cuore dell’uomo e fargli sentire il calore di un Dio che lo ama. Perché l’unica cosa che Dio sceglie di fare senza l’uomo, è essere per l’uomo, in suo favore, specie gli ultimi e i meno apprezzati dai luccichii del mondo.
Questa predilezione per i poveri era una volta sapientemente radicata nelle convinzioni rurali, dove condividere il proprio pane con l’affamato era vissuto come un sacrosanto dovere di giustizia umana, prima ancor che una delle opere di misericordia da insegnare al catechismo.
Bella è l’immagine della propria madre che ci regala il Cardinal Tonini a riguardo:
Per i nostri genitori i figli dovevano imparare a voler bene ai più deboli. Questo mi insegnavano in casa. Non eravamo mica ricchi. Ma per mia madre i poveri venivano prima di tutti. C’era la ricchezza della povertà. Nel 1921-22 ci fu una grande crisi economica, non c’era lavoro. Quando venivano i poveri a mezzogiorno alla porta, mia madre […] mi madre aveva disposto che immediatamente mio fratello doveva portare una scodella di minestra, poi doveva portare un bicchiere di vino e io dovevo portare un pezzo di pane. E sempre diceva: «Ricordatevi, ragazzi, che voi date al povero, ma a ricevere è Cristo Signore».2
Oggi più di prima, in special modo di fronte ai sempre più numerosi suicidi che instillano il dubbio che la vita sia troppo difficile da amare o troppo dura da affrontare, sono più nutrienti del pane le parole di fiera consapevolezza di sé del vescovo novantottenne:
Prima di parlare di amore fra uomo e donna, bisogna imparare un’altra cosa […]: provare la gioia di sentirsi creato. Mia madre mi ha fatto gustare la gioia che ha provato nel vedermi nascere, gioia perché ti accorgi che sei un dono, che sei amato, che c’è qualcuno che senza che tu lo chiedessi ti ha prevenuto. Non hai fatto niente, non eri al mondo eppure ti ha chiamato e ti ha dato questo dono.3
Forse è questo l’insegnamento che ci lasciano i “piccoli”, gli umili e i semplici della storia, loro che sono forse gli unici ad aver veramente compreso, oltre ogni ipocrisia in cosa stia racchiuso il vero significato del Natale: lo stupore grato e gioioso di chi si scopre amato, senza la necessità di doversi meritare nulla; amato, come si ama un dono, come un gioiello, che è intrinsecamente prezioso e di valore non convertibile né commisurabile!
NOTE
1 “Il gusto della vita”, Tonini – Gambi, Piemme 2012, pagina 22
2 “Il gusto della vita”, Tonini – Gambi, Piemme 2012, pagine 31-32.
3 “Il gusto della vita”, Tonini – Gambi, Piemme 2012, pagina 24.