Vangelo della III^ Domenica dell’Avvento – Anno A
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
(Dal Vangelo di Matteo cap. 2,2-11)

pippoetopolinoWow (cristosanto, accipicchia), che complimento, signori: “fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni Battista”. Non capita tutti i giorni di strappare un’affermazione del genere dal Maestro di Nazareth. I vecchi, radunati qui nella piazzetta a giocare a scacchi, non ricordavano a memoria d’uomo affermazione così nobile tra le viuzze della Palestina. A maggior ragione se detta sul conto di un carcerato. E pensare che il Battista a detta di tutti sembrava l’uomo giusto nel momento sbagliato. L’ultimo profeta – quello che teneva il nome di Zaccaria – era morto: Giovanni appariva dunque in ritardo per fare carriera dentro il mondo del profetismo. Ma troppo in anticipo per far carriera dentro il Nuovo Testamento: il primo di quei profeti, il Nazareno Gesù, arriverà proprio nel mentre il Battista se ne starà in carcere. Un uomo che sembrava aver sbagliato il “tempo d’uscita” nello scenario della storia: un centimetro in più o un centimetro in meno e scappa la storia. Tant’è che da dietro le sbarre manda i suoi segugi a caccia di una risposta che sazi la domanda delle domande: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?” Come avesse chiesto: “Per incontrare la felicità possiamo contare su di te, o dobbiamo rivolgerci altrove?” Pazzesco quest’uomo che amava le cavallette e il miele selvatico: sintetico, diritto, conciso. I discepoli corrono, cercano Lui, Lo interrogano. Ma Lui – che a Giovanni aveva già stretto la mano mentre entrambi sussultavano nel grembo delle due cugine – non risponde. Alle parole preferisce la concretezza dei fatti, il bigottismo funesto lo rimpiazza con una fede capace di cambiare la storia: “Andate e riferite a Giovanni ciò che vedete e udite”. L’uomo tenta la via dei discorsi e nessuno più gli crede. Dio sceglie la via della concretezza e la storia dell’uomo si spacca a metà: prima di Lui e dopo di Lui. Punto e a capo.
Prima di loro due ci furono Achille e Patroclo, Castore e Polluce. Dopo di loro Alessandro Magno ed Efestione, Lancillotto e Ginevra, Dante e Beatrice. Ma anche Holly e Benji, Topolino e Pippo. Ma nessuno come loro: Gesù Figlio di Giuseppe (soprannominato “Nazareno”) e Giovanni Figlio di Zaccaria (per gli amici “Battista”). La storia l’hanno capovolta loro due: uno ha fatto da gregario, l’Altro ha indossato la fascia da capitano. Uno c’ha rimesso la testa all’inizio, l’Altro ci rimetterà il corpo intero fra qualche anno. Uno sulla ghigliottina, l’altro sulla Croce: per essere amici sino in fondo e condividere la dura legge della fedeltà amorosa. Certo, suona un po’ strano che un uomo libero come Giovanni oggi se ne stia rinchiuso in una prigione, che la sua statura sia nata e sia stata forgiata nel deserto e non a corte, che il Battista appartenga a quella specie di canne che non si piegano. E che quindi a corte, nelle canoniche e nelle navate non si ama mettere come addobbo. “Cosa siete andati a vedere? Una canna sbattuta dal vento?”: accipicchia che complimento. Come avesse voluto dire che era tutto fuorché una canna accomodante quell’amico che gli aveva appena terminato di spianare la strada.
Qualche giorno fa c’era Lei e dopo arrivò Lui. Oggi c’è lui che anticipa di qualche passo l’altro Lui, quello atteso da millenni. I rotoli del Vangelo in questi giorni corrono, s’aprono, si raddrizzano, si vestono a festa e tentano il volo. Sono tramonti che attendono l’alba della storia, la risposta ad una sete gigantesca che abita la storia: “Sei tu colui che deve venire?” Noi consiglieremmo di aspettarne un altro, perché noi siamo sempre quelli della “prossima occasione”. Il Battista c’ha rimesso la testa perché convinto che dilazionare l’appuntamento sarebbe stato come firmare la cambiale della rassegnazione. Quando ha intravisto i passi dell’Amico, ha lasciato cadere l’ultimo pugno d’acqua, s’è levato il mantello di profeta, non ha nemmeno osato sciogliere i legacci di quei sandali. S’è tirato in disparte. Amici nell’accezione più pura.
Lui non era una canna sbattuta dal vento come me, Ychai postino di Cafarnao.

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