Con un libro per amico: magari uno di quelli che se n’è rimasto zitto zitto nello scaffale tutto l’anno, oppure qualcuno di quelli ricevuti in dono da qualche amico di passaggio, o semplicemente quello che avresti voluto divorare ogni sera ma l’occhio stanco te l’ha impedito. Il mese di agosto per tanti – assieme alla tintarella sulla spiaggia o alle escursioni in montagna – è anche il mese della lettura, l’occasione per strappare degli attimi al tempo che scorre inesorabile per abitare quelle pagine che lungamente hanno atteso e abbiamo fatto attendere durante la confusione organizzata dell’anno trascorso.
Nelle sale d’attesa degli aeroporti, sui lettini delle spiagge assolate, sui prati delle montagne luminose, nei vagoni confusi dei treni; ma anche nel silenzio claustrale delle chiese, nell’eremitica concentrazione dei chiostri di clausura, nel silenzio notturno di un rifugio d’alta quota: non c’è luogo nel quale all’uomo sia proibita l’esperienza educativa della lettura. Perchè leggere un libro, qualunque esso sia, è fare esperienza di una più profonda umanità; è come tessere un’amicizia spirituale con quell’autore che, magari non più vivente, è riuscito a farti sentire parte viva di quell’avventura narrata, scatenando in te una serie di emozioni e di accadimenti che forse senza il libro non avresti mai vissuto. O che la vita avrebbe impiegato decenni a farti toccare. Lo scrittore Marcel Proust paragonava la letteratura ad uno strumento ottico che rende possibile al lettore di sviluppare delle fotografie scattate giorno dopo giorno che senza il libro, forse, non avrebbe mai osservato: la vita come una serie di “lastre oscure” da sviluppare immergendosi nella lettura. E’ sorprendente quello che succede imbattendosi in certi libri: avverti che essi hanno il potere quasi magico di strapparti dal pantano del quotidiano, dal caos e dalla disorganizzazione confusa per permetterti di vivere un’esperienza diversa di significato. Percependo la sorpresa, a lettura finita, di tornare nel quotidiano con una sensibilità più acuta, con una disposizione del cuore migliore, capace di una critica più ferrata e sensata della storia. Ci sarà pure un motivo se la lettura e la letteratura è stata – e in qualche parte è tutt’ora – una delle forma più bandite e ostacolate dai regimi dittatoriali: forse per quel suo lato incontrollato e inarrestabile, apportatore di intuizioni critiche e fastidiose.
La storia racconta di conversioni avvenute con l’esperienza della lettura, di intuizioni nate in calce ad un libro, di una modalità diversa di immaginare l’esistenza. Quasi che la lettura rappresenti una forma di spiritualità per l’uomo contemporaneo, una modalità inedita della presenza stessa di Dio nella storia: quel Dio che per sorprendere l’uomo disaffezionato ogni tanto sembra voglia viaggiare “in borghese” tra le vie dell’umano. Perchè quando leggi il bisogno non è mai quello di scoprire quello che voleva dire l’autore, ma cercare quello che il libro potrebbe dire a te. Di te. In questo senso ogni libro è religioso, dal momento che un’opera è tale non per il semplice fatto che tratti temi di religione ma nella misura in cui stimola e favorisce la riflessione sui grandi temi dell’esistenza. Un libro, d’altronde, non si conclude con l’ultima parola lasciata dallo scrittore, bensì quando termina nelle mani del lettore. Che, giunto in calce alla lettura, s’interrogherà se essa l’ha avvicinato o allontanato dal fine ultimo della sua esistenza. Per questo la lettura non è solo un gioco, un divertimento, un’evasione: rimane prima di tutto una splendida possibilità di conoscere se stessi e il mondo leggendo parole scritte magari migliaia di anni fa ma che a tutt’oggi hanno la forza dirompente di smuovere l’immaginazione dell’uomo.
E, forse, accendergli la nostalgia di un pensiero più umanizzante.
(da Il Mattino di Padova, 4 agosto 2013)