secchioneLa passione per la scuola è nel loro DNA e nel registro raramente figurano assenze ingiustificate o interrogazioni programmate. L’unica pecca che si possa tributare loro è una domanda che nasce spontanea contemplandoli all’opera: ma a scuola ci vanno per imparare o per dimostrare che sanno già tutto? Mentre i coetanei se ne stavano incollati al biberon o a starnazzare per non farsi cambiare i pannolini, loro già discutevano di pc, di algoritmi, di Nasdaq-Mibtel-Bot. Di biosfera, protocolli di Kyoto e scudo spaziale. Cosicché sin dalla più tenera età sono stati l’angoscia dei genitori (che li pensavano malati per la scarsa socialità), dei professori (che temevano le loro domande trabocchetto) e degli amici (che non li vedevano mai uscire perché “devo ancora finire di studiare”). La figura del secchione da sempre è il bersaglio prediletto nelle classi scolastiche: magari non te lo dipingono più con le malformazioni fisiche del Leopardi o gli occhialini da scienziato dell’Ottocento ma nulla è più simpatico dello scagliarsi contro quel vicino di banco così composto, ordinato ed eccellente nelle quotazioni scolastiche (magari un po’ meno in quelle amorose). Nel 1951 l’America coniò su Newsweek un termine allora inedito per rappresentarli: nerd che nella lingua italiana si rende, più o meno, con l’aggettivo/sostantivo sfigato. Lo si dice di chi sembra asociale, fuori moda, non all’altezza dei tempi in cui vive. Lo sfigato della classe passa tutto il pomeriggio nella sua cameretta a studiare, il sabato pomeriggio va a fare shopping alla Feltrinelli o in un’altra libreria, la domenica (forse dopo messa) rientra nella sua tana per preparare la lezione del lunedì, nel caso la professoressa fosse in difficoltà. Questi studenti geniali sono l’angoscia dei genitori che ce li hanno in casa e l’invidia di coloro che in casa ce li vorrebbero avere. Fino a qualche tempo fa essere nerd/sfigato era una quasi offesa.
Qualche giorno fa nella Silicon Valley un certo Barack Obama ha riunito un po’ di sfigati americani per una cena conviviale: il Presidente dell’America a cena con i suoi nerd. Che avevano dei nomi non proprio anonimi: tra di loro c’era Steve Jobs (il mago della Apple) e Mark Zuckerberg (il fondatore di Facebook). Avesse avuto il placet delle catture internazionali, ci sarebbe potuto essere magari anche Julian Assange (il papà di Wikileaks). Forse mancava il primo nerd con gli occhialini che sconvolse il mondo, quel Bill Gates (il fondatore di Microsoft) oramai divenuto parte dell’arredamento dei computer. Il Presidente a lezione familiare dai suoi piccoli geni che – nascosti dietro quell’atteggiamento da secchioni – ad un certo punto hanno iniziato a cambiare il volto dell’umanità, il modo di relazionarsi, le leggi del commercio, l’alfabeto comunicativo. In poche parole si sono presi la rivincita di tutti quei pomeriggi trascorsi nella loro cameretta a studiare e di tutte quelle mattine trascorse a scuola a sorbirsi l’incompetenza (per loro) della professoressa e le battutine dei compagni. Eppure oggi il mondo adesso pende e di-pende dalla loro genialità. Magari non possiedono quel carisma comunicativo tipico dei grandi oratori (che quasi mai, però, si scrivono loro i discorsi) ma tengono la capacità di arrivare prima del tempo laddove tutto il mondo ci arriverà anni dopo. Forti di questa intuizione (che onore essere dei nerd) brevettano, progettano e mettono in piedi strumenti inediti che un giorno tutti useranno. E’ questa la forza nascosta dei secchioni di ogni secolo: intravedere delle possibilità nuove e inedite prima che diventino delle cose ovvie.
L’America ancora una volta ci ha anticipato. Forse un giorno anche a Palazzo Chigi/Grazioli vedremo una rimpatriata di sfigati italiani. Avvisiamoli per tempo, però: perché sono scappati tutti all’estero in cerca di risorse migliori. Visto che di questi tempi nei palazzi sono altre le cene e i dopocena che si prediligono.

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