Alle volte, la tecnica, isolata dalla capacità di porci domande, rischia di lasciarci annichiliti, senza fiato e, in qualche modo, ci disorienta. La scienza fa continuamente progressi e, è il caso di dirlo, recentemente ha fatto proprio “passi da gigante”. Se ci guardiamo alle spalle, infatti, molte sono le operazioni semplici e complesse che sono state rese più immediate ed efficace dai rinnovati tecnologici messi in campo negli ultimi tempi. Ci sono però tragitti silenziosi che, nel nascondimento, operano piccole rivoluzioni e, nell’indifferenza dei molti a cui non cambierà la vita di una virgola, la rivoluziona per quelle poche persone che vedono in questo cambiamento una possibilità di speranza per il proprio futuro.
Alle volte, a firmare questi piccoli grandi passi dell’umanità ci sono nomi italiani, il più delle volte emigrati all’estero, alla ricerca di miglior fortuna e maggiori finanziamenti per la ricerca. Così è per una scoperta di pochi giorni fa, riportata sia dal Corriere della Sera che dal Sole 24 Ore, oltre al Fatto, legata alla terapia del morbo di Crohn: un’equipe europea, di cui fa parte anche Silvio Danese, responsabile del Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali dell’Ospedale Humanitas di Milano, ha infatti dimostrato che “per i malati con fistole perianali che non rispondono alle terapie, l’uso locale di cellule staminali mesenchimali ottenute da tessuto adiposo può essere un’efficace alternativa”.
Parlare di questo è come parlare arabo, probabilmente, per chi è estraneo al settore. Proviamo quindi a spiegare la questione in termini più semplici, partendo dal principio. La malattia di Crohn, o morbo di Crohn, conosciuto anche come enterite regionale, è un’infiammazione cronica, che può colpire qualunque tratto dell’intestino, con prevalenza per ileo e colon. Tra i sintomi più fastidiosi, si possono riscontrare: diarrea, nausea, stanchezza, perdita di peso, incapacità di concentrazione. È considerata una malattia autoimmune, dal momento che è il sistema immunitario stesso ad aggredire il tratto intestinale. Non esiste ad oggi una terapia risolutiva per questa malattia, ma ci si limita, solitamente a controllare i sintomi, con l’obiettivo di mantenere la remissione ed evitare le ricadute.
La scoperta dell’equipe mira a chiudere le fistole, garantendo un maggior successo nella remissione. Al contrario dei risultati registrati con le cellule staminali emopoietiche, quelli derivati da cellule staminali mesenchimali ricavate dal grasso adiposo, hanno dato risultati più duraturi e con minori complicazioni; per di più, oltre alla loro capacità ricostruttiva, si sono dimostrate in grado di frenare l’attività immunitaria, contrastando quindi l’infezione. “Le fistole perianali, cioè anormali aperture tra intestino e cute vicino all’ano, sono una delle più comuni complicanze per circa un terzo dei malati e spesso sono molto difficili da trattare”: nonostante il trattamento chirurgico, non esiste trattamento farmacologico risolutivo (nei due terzi dei casi non lo è).
Eco quindi perché il trattamento con le cellule staminale tratte da tessuti adiposi apre nuove speranze, avendo dato risultati positivi nelle sperimentazioni finora effettuate, confrontate con il gruppo di controllo, trattato con il placebo. Siamo lontani da una soluzione definitiva, non si tratta di una panacea, ma questo nuovo percorso apre nuove prospettive di miglioramento della qualità di vita, per i pazienti con il morbo di Crohn.
Oltre a sgranare gli occhi di fronte alle meravigliose nuove frontiere della tecnica, ogni tanto, è giusto anche guardare con gratitudine al lavoro di chi s’impegna, quotidianamente, non a cambiare il mondo, ma magari a cambiare il mondo di chi aveva perso la speranza in un domani migliore, per sé e per i propri cari.
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