Nell’anno 2006 rimase forte, nella sua dura provocatorietà, la taglia proposta
nel rione ortodosso ebraico di Mea Shearim (a Gerusalemme) di 20 mila
sheqel (oltre tremila euro) a chiunque "provocasse
la morte di una di queste persone giunte da Sodoma e Gomorra". Era la
risposta esagitata ad una manifestazione – il gay pride – che andava a lambire
uno dei luoghi sacri per eccellenza al mondo. Esagerata la risposta, ma di
deludente esagerazione si vestono gli attacchi noiosi che salgono da una certa
parte del mondo omosessuale una volta all’anno. Tanto che ogni gay-pride
rischia di trasformarsi in un contra Ratzinger
di irrisoria e fantomatica teologia. Un Papa che stavolta ha diviso la torta
degli insulti con il ministro Mara Carfagna. Come a dire: ennesimo fuori tema. Perché
se ad accendere il loro "spettacolo" è stato un tentativo di ideare un
reality-show o la pubblicazione di qualche fumetto, complimenti. Il risultato
non si farà attendere: sarà già in fase di ebollizione. Ma se da Piazza Esedra
a Piazza Navona inseguivano una dignità da condividere, il bersaglio è stato
fallito in pieno. Tessere un dialogo è tutt’altra cosa dal voler colonizzare
con un’ostentata superficialità.
Forse un giorno, scesi dai carri mascherati del loro esibizionismo,
scopriranno il volto di una chiesa che, lungi dall’invocare taglie sulle loro
teste, lotta per difendere la dignità di qualunque persona umana.
Dignità sporcata da chi, per orgoglio, la deturpa spettacolarizzandola.
Per poi ri-chiederla.