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«In tutte le cattedrali del mondo, vengono aperte le Porte Sante, perché il Giubileo della Misericordia possa essere vissuto pienamente nelle Chiese particolari. Auspico che questo momento forte stimoli tanti a farsi strumento della tenerezza di Dio. Come espressione delle opere di misericordia, vengono aperte anche le “Porte della Misericordia” nei luoghi di disagio e di emarginazione. A questo proposito, saluto i detenuti delle carceri di tutto il mondo, specialmente quelli del carcere di Padova, che oggi sono uniti a noi spiritualmente in questo momento per pregare, e li ringrazio per il dono del concerto». È papa Francesco a parlare, all’Angelus di sabato domenica 13 dicembre, mentre all’applauso fragoroso di piazza san Pietro ne risponde uno non meno commosso in diretta dalla casa di reclusione Due Palazzi di Padova.
Qui oltre centocinquanta detenuti, operatori e volontari della casa di reclusione stanno seguendo la preghiera del papa. Il laboratorio che normalmente accoglie il magazzino del laboratorio di biciclette è diventato una sala da concerto, ma anche uno studio televisivo, perché Tv2000 sta riprendendo l’evento in diretta. C’è anche la Rai – per la precisione Rainews24, Rai3 e Rai5 Cultura – con la giornalista Caterina Doglio che, da giorni presente nella casa di reclusione, sta girando lo speciale “Giubileo, l’altro sguardo” che andrà in onda il 3 gennaio.
Tanti operatori e tanti cameraman per un evento senza precedenti: un concerto di un’orchestra di ragazzi, i Polli(ci)ni del Conservatorio Cesare Pollini di Padova, all’interno di un carcere. «Un concerto per ringraziare papa Francesco», spiega Nicola Boscoletto, presidente di Officina Giotto, che con la parrocchia del carcere ha organizzato l’evento, «di aver scelto di diventare la voce degli ultimi, quelli di cui non parla nessuno. Qui tra queste mura può capitare di vedere il più bello spettacolo a cui si possa assistere: gli occhi di persone cambiate. E ancora più belle sono le lacrime dei genitori per i figli che erano su una brutta strada e poi hanno cambiato vita».
Dopo l’Angelus, introdotto dalla solenne Pomp and circumstance di Elgar, scorrono i brani di Bach, Massenet, Grieg, Morricone, Anderson e Warren, intervallati da brevi messaggi dei protagonisti. Dei detenuti, in primo luogo. «Diventando cristiano», è il racconto di Gaetano, «una frase mi colpiva durante il cammino di preparazione: “Laddove abbonda il peccato, la grazia di Dio sovrabbonda”. È la storia di Paolo, è la storia di tanti di noi. Grazie, papa Francesco: che ti ricordi di noi, che ci ricordi che Dio ci sta aspettando. Grazie anche che ci chiedi di convertire le nostre storie: la misericordia di Dio è una faccenda seria, non una favola». «Siamo dei privilegiati», fa eco il cappellano del carcere don Marco Pozza, «a poter contemplare storie di “perduti” che, con la grazia di Dio e l’amore degli uomini, stanno rimettendosi in piedi. I vivi possono risorgere, non solo i morti».
Nelle prime file ci sono i rappresentanti delle istituzioni e del mondo penitenziario. «I giorni in carcere possono essere giorni di dolore, di speranza, oppure di indifferenza. La peggiore tra queste è certamente l’indifferenza», dice il provveditore alle carceri del Triveneto Enrico Sbriglia, «oggi, grazie al concorso di tante persone è un giorno di speranza, un giorno che potremo ricordare a lungo». La conduttrice Eugenia Scotti chiama a intervenire anche i ragazzini dell’orchestra, soprattutto Alessandro, violinista che strappa il sorriso a tutta la platea per la freschezza delle sue risposte. Ad Alessandra e Giulio, i due piccoli dell’orchestra, due detenuti, Michele e Giuseppe, fanno il dono simbolico del panettone, che poi verrà regalato a tutti i ragazzi, ai docenti e ai genitori intervenuti. C’è anche tempo di darsi il prossimo appuntamento: domenica 27 dicembre il nuovo vescovo di Padova don Claudio Cipolla inaugurerà la “porta della misericordia” nella cappella del carcere di Padova. Un portale che assomiglia poco a quello di un santuario, ma la porta di sicurezza rossa di pesante metallo per l’occasione verrà ingentilita e rivestita con una riproduzione della porta giubilare della basilica di San Pietro.
È il momento dei saluti finali. «Caro Papa Francesco, la tua vicinanza è per noi motivo di speranza, la tua attenzione ci fa sentire più vivi che mai», dice Guido, detenuto che lavora al call center della casa di reclusione, «ringraziamo Dio per il dono che sei per tutti noi carcerati e per tutte le persone del mondo. Grazie Papa Francesco. Un forte abbraccio. E ricordati che preghiamo per te». Lo stesso messaggio viene echeggiato in otto lingue diverse: anzitutto in spagnolo, la lingua del papa, poi in albanese, arabo, kossovaro, cinese, portoghese. Da ultimo Roberto, detenuto svizzero di lingua tedesca, lo ripropone con una significativa aggiunta dedicata al papa emerito Benedetto XVI.
L’ultimo brano, un frizzante Chattanooga choo choo, viene accompagnato a ritmo dai battimani dei detenuti, che poi invocano a gran voce il bis. È Fiddle Faddle di Leroy Anderson, brano swingante che dà modo ai giovani percussionisti dell’orchestra di mettere in mostra tutta la strumentazione. Applausi scroscianti, ragazzini che escono applauditi tra due ali di folla. Ed è già ora di tornare: qualcuno a casa, qualcuno in cella. Varcando quelle porte che, proprio grazie all’iniziativa di papa Francesco, possono diventare altrettante porte della misericordia.

(dal comunicato stampa di Officina Giotto)

Pollicini

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