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Sono curiosi di sapere se la compagnia sarà numerosa oppure no. Perchè chi pone una domanda siffatta – “Signore, sono tanti quelli che si salvano?” – lascia per lo meno intendere di essere sicuro di far parte di quella schiera di salvati (liturgia della XXI^ domenica del Tempo Ordinario). Forse gradirebbero d’essere di aiuto a Cristo nella selezione della truppa, una specie di club a numero chiuso con tanto di casting per l’ingresso; tanto per dare ragione di quel “rigare dritto” che tanto è loro costato nella vita di quaggiù in previsione futura. Forse non avevano ancora capito – nonostante i Vangeli dell’estate – che di Lui non devono temere i peccatori: mai, nella storia, s’era sentito proclamare come Buona una notizia che riaccredita fiducia a chi nella vita ha deragliato. Paura (o timore), invece, dovranno provarla i presunti giusti, coloro che in nome di un’appartenenza religiosa si sono convinti d’aver strappato in anticipo il lasciapassare per il Cielo. Fregati in prossimità dell’arrivo, senza tanta grazia: Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”. Che è come dire: “quaggiù il mondo regge sulle vostre previsioni, lassù del mio Regno faccio quello che il Padre mio dirà”. Ovvero: non basterà essersi seduti, aver mangiato o aver bevuto in compagnia di Cristo per assicurarsi un posto nell’Eterno ma saranno altri i parametri adottati nelle praterie del Cielo. Laddove “ci sono ultimi che saranno primi e ci sono primi che saranno ultimi”. Punto e a capo.

E’ tutto un mondo che va in pezzi. Ma il mondo continuerà ad andare avanti e per ora andrò avanti anch’io. Restiamo senz’altro un po’ impoveriti, ma io mi sento ancora così ricca, che questo vuoto non m’è entrato ancora dentro. Però dobbiamo tenerci in contatto col mondo attuale e dobbiamo trovarci un posto in questa realtà; non si può vivere solo con le verità eterne: così rischieremmo di fare la politica degli struzzi. Vivere pienamente, verso l’esterno come verso l’interno, non sacrificare nulla della realtà esterna a beneficio di quella interna e viceversa: considera tutto ciò come un bel compito per te stessa.
(E. Hillesum, Diario, Adelphi Edizioni, Milano 2012, 98-99)

C’è una porta: tutte le porte sono fatte per essere attraversate, hanno una soglia da abitare, nascono come collegamento tra il dentro e il fuori di una casa. Ci sono porte scorrevoli e porte automatiche, porte di legno e porte in ferro battuto, porte blindate e porte di vetro. Qui, invece, non si dice nulla del materiale della porta; ciò che la rende particolare è la larghezza che attesta il Vangelo: è una porta stretta. Abbinata ad un verbo di fatica: “sforzatevi di entrare”. E’ la splendida onestà dei Vangeli, laddove nessuno osa porgere delle illusioni ma dell’Eterno si parla sempre in termini di onesta organizzazione. Una porta strana: non tiene badge di riconoscimento, non si apre con le impronte digitali, non conosce un codice d’ingresso. Tant’è vero che vi entrano gli sgraditi e gli inattesi, quelli dell’Oriente e dell’Occidente, quelli della periferia e del degrado, gli sfigati della storia e gli oppressi dei regimi: i dimenticati dell’uomo. Che beffa, signori/e: eppure gli altri hanno mangiato e bevuto, si sono eretti ad organi di rappresentanza e hanno lautamente brindato al Suo passaggio, ne parlavano con sbalorditiva disinvoltura e ne inanellavano splendide cantilene. Eppure per costoro, presunti salvati, il benvenuto è tragico: “non so di dove siete (…) Allontanatevi voi tutti, operatori di iniquità”. Una vita vissuta “a rigare dritto” nella convinzione di conoscere Cristo davvero. Per poi scoprire, sulla soglia dell’Eterno, d’essersi incamminati su un’immagine di Cristo sbagliata o, per lo meno, imperfetta. A nulla sarà valsa la loro compostezza d’uomini e di donne.
Era il razzismo dei tempi antichi, forse il più pericoloso e il patriarca di tutti gli altri: quello religioso. Dio non ci sta: allarga gli orizzonti, spalanca le finestre, imbarazza la storia perchè, dal canto suo, l’Amore non può essere imprigionato in una gretta salvezza gestita da uomini colorati di porpora e di bisso. L’illusione di Dio: la storia non conosce traccia più amara d’essersi immaginati un Dio a propria misura e compiacimento, una vita cristiana vissuta come una piacevole escursione su paesaggi più o meno abbelliti di colori cristiani. Gli infami di quaggiù un giorno potrebbero diventare gli esempi di Lassù, accolti e benvoluti dallo sguardo di un Dio che, nel più inatteso degli imbarazzi, non conosce chi ha mani pulite e piedi di velluto – e che muoiono nuovi di zecca per la paura di sbagliare – ma sembra prediligere i piedi massacrati e le mani logore di chi, cercandoLo, s’è imbattuto in strade d’errore e di miseria. Ma ha tenuto aperta la fessura della porta all’inatteso di Dio. Credendo per davvero nella Misericordia.

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