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Contardo Ferrini. La risposta milanese all’illazione (ahimè, mediamente, tutt’ora diffusa) che la fede cattolica non possa essere conciliabile con la cultura e l’amore per il sapere trova corpo nel santo di cui abbiamo celebrato la memoria pochi giorni fa, il 16 ottobre; è, infatti, idea diffusa che la fede cattolica sia cosa per anziani e persone che hanno studiato poco, perché, chi ha conoscenze più approfondite, non può certo acconsentire ai dogmi che questa richiede di professare!
La vita del beato è testimonianza di fede, tramite un «apostolato silenzioso», in un mondo anticlericale ed ostile alla fede. Nasce il 4 aprile 1859, a Milano, da ma di grande fede. Consegue la licenza liceale a soli 17 anni, presso il collegio delle Orsoline di S. Ambrogio. Ottiene un posto gratuito al Collegio Borromeo di Pavia, dove frequentò la Facoltà di Giurisprudenza. La sua fede non gli risparmia critiche e canzonature, ma lui rispondeva con i suoi risultati brillanti nello studio, una vita nutrita dai sacramenti, l’amore per la poesia e per la montagna. A 21 anni, consegue la laurea, con una tesi sul contributo che lo studio dei poemi di Omero e di Esiodo diedero alla storia del diritto penale. Perfeziona i propri studi a Berlino e, nel 1883, ottiene la libera docenza in diritto romano, che esercita nell’università di Pavia. Insegna a Messina, modena e ritorna infine a Pavia. Teodoro Mommsen dice di lui che “Il secolo XX per gli studi di romanistica si sarebbe intitolato al professor Ferrini” e che “per suo merito il primato degli studi di romanistica passava dalla Germania all’Italia”: una tale opinione credo renda onore alla sua importanza di accademico e ricercatore, nel suo campo di studi.

Non mancano pagine spiritualità, come il passo che segue, in cui, con grato stupore, guarda alla fratellanza universale che sgorga dalla fede

“Divino potere della fede. Ignorando i confini di nazione e di lingua, ci consideriamo fratelli. Tanto è ammirabile l’universalità del Cristo; tanto è vero che in Lui non c’è greco, né barbaro, né scita, ma siamo tutti affratellati in Lui”

oppure riflette sul mistero eucaristico:

“È l’assimilazione dell’uomo a Dio. Chi sa dire a quale punto di santità giunga l’anima che spesso, con devozione ed affetto e con somma riverenza, si ciba di questo Pane purissimo, che è Gesù Cristo, e incorpora e immedesima in sé il prezzo della Redenzione? Ecco quindi qui il segreto della santità: grazie a Gesù, Pane di vita, noi vivremo e non morremo mai”.

Preferisce rimanere celibe, nonostante coltivi un elevato concetto del matrimonio come sacramento e come istituto indispensabile nella società civile. Ha modo di essere attivo anche in politica, ricoprendo, per quattro anni (1895-1899) l’incarico di consigliere comunale di Milano, dove risiede nei suoi ultimi anni di vita. Tornato a Pavia, diventa vicepresidente della Conferenza di san Vincenzo de’ Paoli, attiva nell’alleviare le sofferenze degli indigenti.
Muore di tifo a Suna, nei pressi del Lago Maggiore, nel 1902, probabilmente per aver bevuto acqua contaminata.
Possiamo, insomma, vedere compendiato, nella sua vita un modello per il laicato cattolico, in particolar modo per chi spende la propria vita in ambito culturale ed educativo.
Una curiosità: tra le tante statue presenti sul tetto del Duomo di Milano, di cui festeggiamo la Dedicazione proprio questa domenica, c’è anche una guglia (G71), in corrispondenza del transetto sud, dedicata proprio a lui; la sua tomba è invece custodita presso l’Università Cattolica di Milano, di cui è considerato precursore, mentre il suo è conservato a Suna (VB).

Nell’attualità, un altro giovanissimo sta facendo parlare di sé. Ha undici anni, una laurea in fisica, crede in Dio e conta di dimostrarlo, basandosi su una certezza: «ci vuole molta più fede per dimostrare il contrario», dice infatti William Maillis, che, come altro sogno, ha quello di un dottorato in astrofisica a diciotto anni. Come dargli torto? Lucio Rossi, cattolico praticante e tra i responsabili del CERN di Ginevra, è sulla medesima lunghezza d’onda: «Mi sono convinto che l’ipotesi che tutto sia nato per caso è molto più difficile da accettare che non l’esistenza di Dio. Al Cern siamo in molti credenti, e non solo cristiani». Per Galileo, Natura e Scrittura «procedono dallo stesso Verbo divino», così come per Keplero, che giunge a metterle sullo stesso piano, come due rivelazioni. San Tommaso, con le Cinque Vie della sua “prova a posteriori” ci invita a guardarci intorno, per avvertire la ragionevolezza della fede: se tutto si muove perché mosso, esisterà un motore che tutte le muove; se ogni cosa materiale deriva da qualcos’altro, alla fine della concatenazione di cause efficienti, ve ne sarà una che è causa di tutte ed è però incausata; se nessuna delle cose esistenti è necessaria, in quanto nasce e muore, si deve ipotizzare che vi sia un ente che invece lo è; nella realtà, possiamo vedere gradazioni di bellezza e di perfezione, eppure nessun ente li raggiunge al grado sommo, ma dobbiamo ipotizzare che qualcuno lo raggiunga perché esistano gli altri gradi; qualunque ente agisce in vista di un fine, eppure in se stessi non è possibile trovare un fine ultimo. Tutti questi attributi pensati per ipotesi corrispondono a ciò che noi chiamiamo Dio.
Aggiunge, del resto, Benedetto XVI, esplicitando il rapporto tra fede e cultura, a partire dalle indicazioni che è possibile riscontrare nelle Sacre Scritture e, in particolar modo, nel Nuovo Testamento:

San Paolo vede nella Croce non un avvenimento irrazionale, ma un fatto salvifico che possiede una propria ragionevolezza riconoscibile alla luce della fede. Allo stesso tempo, egli ha talmente fiducia nella ragione umana, al punto da meravigliarsi per il fatto che molti, pur vedendo le opere compiute da Dio, si ostinano a non credere in Lui. […]Su queste premesse circa il nesso fecondo tra comprendere e credere, si fonda anche il rapporto virtuoso fra scienza e fede. La ricerca scientifica porta alla conoscenza di verità sempre nuove sull’uomo e sul cosmo, lo vediamo. Il vero bene dell’umanità, accessibile nella fede, apre l’orizzonte nel quale si deve muovere il suo cammino di scoperta. Vanno pertanto incoraggiate, ad esempio, le ricerche poste a servizio della vita e miranti a debellare le malattie. Importanti sono anche le indagini volte a scoprire i segreti del nostro pianeta e dell’universo, nella consapevolezza che l’uomo è al vertice della creazione non per sfruttarla insensatamente, ma per custodirla e renderla abitabile. Così la fede, vissuta realmente, non entra in conflitto con la scienza, piuttosto coopera con essa, offrendo criteri basilari perché promuova il bene di tutti, chiedendole di rinunciare solo a quei tentativi che – opponendosi al progetto originario di Dio – possono produrre effetti che si ritorcono contro l’uomo stesso. Anche per questo è ragionevole credere: se la scienza è una preziosa alleata della fede per la comprensione del disegno di Dio nell’universo, la fede permette al progresso scientifico di realizzarsi sempre per il bene e per la verità dell’uomo, restando fedele a questo stesso disegno. (Benedetto XVI, Udienza Generale del 21 novembre 2012)

Insomma, a sentire tanti eminenti pareri, vien da pensare che l’idea che la cultura e la fede siano tra loro incompatibili, pare un’illazione del tutto priva di fondamento, un “mito da sfatare”, a cui contribuiscono, in primis, scienziati e personalità accademiche, con la loro vita e le loro scelte, ma che è una provocazione quotidiana a cui ciascuno di noi è chiamato a rispondere.


Fonti:
Aleteia
Disf.org
santiebeati
san Vincenzo Italia
SRMedia
Essere cristiani
Con il Vento nel Petto – docufilm su Contardo Ferrini (YouTube)
Vatican.va

Fonte immagine:
YouTube

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