Fosse stato per loro, avrebbero continuato a condurre la vita di sempre, di tutti i giorni. Erano quattro disgraziati, ne più ne meno degli altri: gente di boria e di gloria, di smisurate ambizioni e di bassa resa, cuori sventrati da amori con il cuore in gola. Tra loro spiccava una maggioranza di pescatori: tutta gente che diceva di avere pescato quantità smisurate di pesci quando le reti dimostravano l’esatto contrario. Bugie, promesse: cose così. Basterebbe questo per chiedere a Cristoddìo se, per davvero, questa era la gente migliore che poteva scegliersi per mettere in piedi il suo Regno e dare forma al sogno che gli ardeva nel petto. Capitò, però: «Vedendo le folle, ne sentì compassione, perchè erano stanche e sfinite come pecore senza pastore». Fu così che gli balenò l’idea di aprire una cooperativa con l’uomo. La notizia – “L’uomo è diventato socio in affari con Dio” – ebbe dell’incredibile: prima di allora, non si era ancora sentito che il tempo della disgrazia (erano quattro disgraziati!) potesse trasformarsi nel preludio di un tempo di grazia. Varrà bene citare che a convocarli è stato Lui, non loro a proporsi, chiedendoGli un avanzamento di carriera: «Chiamati a sé i suoi dodici discepoli». Acciuffò alla bell’è meglio la loro insana follia e volle metterla come fondamenta del suo Regno, assumendosi la responsabilità e il rischio di fallire.
I loro nomi sono stati messi nero su bianco, perchè tutti possano vedere le facce che hanno: «Simone, chiamato Pietro, con Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota». Non soltanto i nomi, anche le loro generalità precisissime: “Figlio di, fratello di”. Di uno di loro poi, l’ultimo in lista, l’evangelista spoilera sin dall’inizio il suo finale: «Colui che poi lo tradì». Se lo fece a mò di ripicca – per sistemare un conto tra loro in sospeso – o per incoraggiare il lettore a calcolare ogni evenienza, anche la più assurda, non sarà dato sapere. Il solo fatto di averlo specificato molto prima che accada, aumenta la stima verso la figura del Cristo: non ci potrà mai essere felicità senza la libertà. Libertà, anche, del gran rifiuto dell’amore del Cristo. Li accolse in cooperativa con la sua sola voce: «Chiamati a sè». Quella parola, così amabile e rigorosa al tempo stesso, restò il loro primo contratto lavorativo: nessuno, prima d’allora, aveva dato loro quote così abbondanti di fiducia da sentirsi a disagio di fronte a loro stessi. Quando un giorno sbanderanno, portando nel fossato anche il nome di Cristo, Cristo a loro perdonerà sempre tutto: non perchè di manica larga, ma per il fatto d’aver avuto il coraggio di lasciare il certo per l’incerto, la sicurezza per un rischio, di lasciare il già per esplorare il non ancora. È facile a dirsi, ma sarà sempre difficile a farsi.
Da venti secoli continuano a calcare la mano sull’ultimo: «Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì». Ancora oggi quella preferenza resta un grosso groppo in gola per tantissimi cristiani, la pietra di scandalo della Chiesa stessa, la grande discordanza. Anche la più grande paura: “Sono forse io Giuda, Signore?” Ci si augura che la risposta sia sempre un no secco. Eppure tutti noi, nell’istante di un’eucaristia, intingiamo il boccone del pane nel calice di Cristo e lo mangiamo: gesti e parole che, usciti dalla bocca di Cristo, identificarono l’apostolo traditore in quella barbara serata. Per sapere se lo siamo o non lo siamo, occorrerà che il buio pesti come un boia sopra le nostre anime, visto che «l’acqua non è nulla se non manca» come scrisse Antoine de Saint-Exupéry. E chi un giorno andrà da Lui a rinfacciare la scelta di Giuda, calcoli bene l’eventualità d’una risposta a tono: “Su dodici ne ho sbagliato uno: un dodicesimo di errore ho fatto in vita. Tu puoi dire d’avere questa media nelle scelte fatte?” Domande senza senso: sta di fatto che nemmeno Giuda, come gli altri Undici, si aspettava Cristo davanti. Ne è stato così colpito che solo strada facendo capì cosa gli stava chiedendo.
(da Il Sussidiario, 17 giugno 2023)
In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Vangelo di Matteo 9,36-10,8).
2 risposte
Bellissima l’immagine: “La persona diventa socia in affari con Dio! ”
Anche l’invito è stato chiaro, insieme, tutti… Buttate la rete dalla parte sx della barca, e presero molti pesci. L’idea di camminare insieme è remare da una parte o dall’altra fa la differenza!
Ana Damoc
Grazie Don Marco, vorrei poter dire sbaglio una volta su dodici chissà quante volte sbaglio offendendo con parole o gesti i miei cari senza volere … Il Signore dava senza volere niente in cambio, amore puro 🙏♥️ Buon pomeriggio