secondary school pupils with hands up in classroom 0

Hai presente quando pianifichi una lezione in classe? Mentalmente delinei i concetti principali da dire, formuli un’ipotetica scaletta di argomenti e di informazioni da consegnare, possibilmente concatenate tra loro in modo tale da rendere il tutto comprensibile e affascinante. Decidi che parlerai loro proprio di quell’atleta olimpico che, grazie al suo gesto sportivo e di denuncia, è diventato un simbolo di una delle piaghe americane, pagando a caro prezzo per la propria azione. Hai chiaro dove desideri condurli, ma non sai cosa accadrà effettivamente quando i loro cuori ti ascolteranno e reagiranno – se lo faranno -. Allora, prima di entrare in aula, invochi lo Spirito Santo e, da quel momento in poi, “vai in scena”.

Poi accade che Pietro, perennemente taciturno, dopo le tue provocazioni e il dibattito che si è creato, timidamente alza la mano ed esclama: “Prof, ma allora perché difendiamo qualcosa che è già nostro di diritto? Non può essere un dovere, se è un diritto, è già nostro, che senso ha?”.
Silenzio tombale. Da quel preciso momento intuisci che ti stai giocando tutto. Ti guardi attorno e ti accorgi che anche il resto dei compagni è stato trafitto da un’affermazione così semplice, quanto banale e potente. Sono addirittura scoppiati ad applaudire come prima reazione viscerale. La verità fa questo effetto. Ecco la virata inattesa della lezione.

Perché noi uomini, ancora oggi, continuiamo a lottare per difendere diritti che spettano all’umanità intera di… diritto, appunto? I miei alunni mi hanno costretta ad addentrarmi su un terreno non previsto. Non nascondo che per un attimo il mio cuore ha tremato per la paura di non essere in grado di accompagnarli davanti a quella vastità. Non si era più solo nel campo, più o meno conosciuto, del sapere, ma si entrava nel campo delle scelte fondanti del come essere uomini e donne. È stato come camminare su un filo sospeso in aria, trattenendo il fiato. Durante la traversata cercavo di tenere fisso lo sguardo sul più grande desiderio di Dio: che nessun uomo vada perduto. Il punto fermo da osservare per non perdere l’equilibrio. Speravo che nessuno cadesse.

Pochi minuti, che profumano di eternità. Sono indescrivibili il clima che si è creato in classe e la consapevolezza palpabile di essersi resi conto, io con loro, di voler accendere nel cuore un grande motivo per cui vivere, non solo per se stessi, ma per tanti altri esseri umani.  È un diritto che gli è stato sottratto. Vivere giocandosi la faccia, la carriera, la vita, se servisse. Ai miei alunni non potevo rivelarlo, ma per me è stato come aver vissuto un pezzetto di paradiso. Venti tredicenni che intuiscono dentro di sé un desiderio “da Dio”. È stata questione di una manciata di minuti, poi si è tornati alla concreta realtà fatta di “alza la mano per parlare”, “prof posso andare in bagno?”, “lui mi disturba”, etc.
La nostalgia che, da sempre, Dio ci ha messo dentro affinché ci possiamo ri-iconoscere figli e fratelli, tutti, ha permesso, però, che si compisse un piccolo miracolo.

 

Fonte immagine: Optimus Education

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