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Il miracolo – quello che ancor oggi rabbuia e consola – è l’incontro tra la sua carità infinita e la mia povertà, infinita pure lei. Il mio campo, come lo sogna Dio, val più di un quadro di Van Gogh «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo». Il mio nome è seme-buono, arrivo da terra-buona come si giunge da un paese, sono terra-attraversata da Dio per essere seminata. Mica un passeggio tanto per fare: mi attraversa, investe sulle mie zolle, perché diventi campo di spighe, terra di grano, paesaggio colore oro. Poi, buonanotte seminatore: Dio è contadino-in-attesa, rispettoso del ritmo della campagna. S’addormenta, IL che non significa che a Dio non importi: è che, dopo la fatica, viene il riposo. Che è anche, non-solo, il tempo dell’altro: «Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano, se ne andò». Anche l’altro semina: è un bambino incapace, geloso, che vuole a tutti i costi scopiazzare il tema del primo della classe. E’ un seminare imbecille: con la coda dell’occhio, di notte per non dare nell’occhio, intento che nessuno lo veda. Tutti ridono dei matti in piazza, purché non sian della loro razza, dicono al mio paesello natìo. La seminagione è stata rovinata: Satana paga da bere.
S’accorgeranno, del suo passaggio, nei mesi a venire: tempo al tempo, che le due sementi mettano radici, gli steli s’allunghino, che le spighe somiglino a ventri di donne gravide. Per gli amici di Cristo la colpa è sua: «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo». Come se Dio provasse gioia nel tendere tranelli alle creature, nel vendere merce tarocca. Capiscono così poco i discepoli che le truffe, fosse per il loro cervello così simile al mio, arrivano dal Cristo: solo Lui abbiamo visto uscire a seminare. Nessun altro, eravamo ai bordi del campo, intenti nell’osservare. È che non tutti sono onesti: a seminare nel buio – che è scarabocchiare di notte, bruciare auto mentre si dorme, assaltare banche col viso coperto, andare per la strada col passamontagna – sono capaci tutti. Il vero azzardo è seminare alla-luce-del-sole: siccome quel seme è roba-buona, Cristo semina sotto gli occhi di tutti. Come non credere ad Uno così? La zizzania, però, c’è: «Da dove viene la zizzania?» Domanda più che pertinente, risposta pari: «Un nemico ha fatto questo!»
La solita questione di gelosia.
La ricetta dei discepoli è diploma di gente volonterosa: rimbocchiamoci le maniche, «Vuoi che andiamo a raccoglierla?» E’ tutta gente molto seria: il male, quand’appare così evidente, và strappato, silurato. Invece no, Cristo sconcerta: «No!» E’ timbro di giudizio senza appello, in allegato le motivazioni: «Perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano». Nessuno aveva ragionato così, fin quasi sul limite dell’insensatezza: “Per troppo-amore del grano, accetto di vederlo crescere misto all’opposto”. Da bambino odiavo questa pagina: “E’ Dio che permette il male”, dicevo. Anni dopo, coi primi fallimenti cuciti addosso, intravidi la mia faccia-perdente: «Nello stesso pensiero – è vero e terribile – il buono e malato stelo s’intrecciano; o forse sono la stessa pianticella che si biforca, e una punta ha in orrore l’altra punta sorella eppure se ne fa complice» (L. Santucci). In me i fili del bene e quelli del male s’intrecciano che è un piacere: ci son giorni in cui la percentuale di grano soffre le quote di zizzania. Altre volte pareggiano. Certe volte grano batte tutti. Sono le volte in cui Dio-è-da-impazzire: sono così a corto di bontà che, appena ne scorge un chicco in me, l’Agricolo è tutto preoccupato che non la rovinino volendo cavare via la zizzania, ch’è sempre in maggioranza. E’ poca-roba, la mia bontà, in confronto: eppure, per Lui, la cura di quel poco vale molto più dell’estirpazione del male. Del tanto-male.
A ragionare così s’impazzisce: a non ragionare così sarei già bruciato per troppa-zizzania. Invece no: mi lascia vivo, proprio io che sono fico-senza-fichi. In me vede ciò che nemmeno io vedo. C’è gente che guarda il sole e dice: “È solo un puntino giallo”. Io, sotto-sforzo di bontà, sono puntino-giallo. È Dio, con me, l’esagerato: “Un puntino? È un sole, quello!” In materia non esagero affatto.

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!» (Matteo 13,24-43).


Avviso parrocchiale
 Vi aspetto, per chi vorrà, sabato alle 17.30 su RaiUno con Le ragioni della speranza. 
In questa undicesima puntata del nostro ciclo commenteremo il Vangelo della domenica dall’Abbazia delle Tre Fontane a Roma, il luogo del martirio di san Paolo. Questo sabato mi sono scelto, come compagno-di-cordata, lo scrittore Erri De Luca. E’ alla sua scuola che mi sono innamorato delle parole, della Parola: del fatto che le parole, prima che un significato, hanno un gusto, un sapore. Il loro significato è un gusto: raccontarle è gustarle. Lasciarsi invadere da loro è mestiere-gustoso.

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