Per gli amanti dei sughi pronti, per chi si lecca i baffi con i quattro salti in padella, per gli esperti di ricette veloci, cene surgelate, per chi ama farsi ritrarre dall’occhio di una fotocamera istantanea, potrà apparire un po’ vintage l’invito a pazientare ancora un po’: «Padrone, lascialo, ancora quest’anno». Nelle vesti di mezzadro, Cristoddìo, parlando alla suocera, cerca di fare in modo che la nuora capisca che perdere la pazienza, certe volte, equivale a perdere una vittoria. E’ una legge che appartiene all’umano: se tu scavi per settantaquattro metri sotto terra e poi ti fermi mentre l’acqua appare dal settantacinquesimo metro in giù, è come non avere scavato un solo centimetro. È stato tempo perso: «Lascialo anche quest’anno, finchè gli avrò zappato attorno e avrò messo del concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai». La fretta è del diavolo, la pazienza di Dio: poi è vero che anche la pazienza ha un limite – «se no, lo taglierai» – ma è altrettanto vero che anche un semplice sorriso o gesto di fiducia, quel limite riuscirà a spostarlo un po’ avanti. D’altronde Iddio sa bene che nemmeno il mondo gli riuscì di farlo in un giorno solo: ne servirono sette, compreso il turno di riposo. Che, per gente di fretta, resterà il più faticoso.
Il fatto è che è tutto di fretta, di corsa, tutto presentato come urgentissimo e la gente chiede che le cose di cui necessita oggi siano da farsi entro ieri. Tutti che corrono eppure in tanti, puntualmente, arrivano comunque in ritardo. Ritardi anche nel comprendere il perchè degli accadimenti che stazionano sotto gli occhi di tutti: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei per aver subito tale sorte?» risponde Cristo, facendo capire la bestemmia della domanda nemmeno riportata dall’evangelista: “Chi ha peccato, Rabbì, perchè Dio li abbia puniti con la morte: loro, i loro figli, o qualcun’altro del loro grado di parentela?” La fretta di far discendere la morte, il castigo, la fatica dal peccato è da sempre il grande incubo, la grande tentazione, di chi frequenta Cristo senza aver capito granchè della sua testa divina. Che, per i non udenti, lascia traccia di sé nella chiosa finale della faccenda: «Se non vi convertirete – è il Rabbì interpellato -, perirete tutti allo stesso modo» (cfr Lc 13,1-9). Come dire: “Se hai fretta mi raccomando di non andare di fretta: potresti vedere aumentato a dismisura il rischio di arrivare con un ritardo considerevole”. A volte è meglio «un pezzo di pane con il formaggio piuttosto che una pizza lievitata in fretta, gommosa e indigeribile» (C. Cracco).
Quando qualcuno mi chiede l’età – visto che, non essendo una signora, è lecito – la calcolo a partire dall’anno di nascita. Avessi la chiara percezione di chi sono figlio io, dovrei rispondere che la mia età è strana: non è un numero ma «anche quest’anno». La mia età è «anche quest’anno» di tempo ripetuto, finora, per una serie di volte pari agli anni che porto all’anagrafe. Ogni anno, ad essere sincero, è un regalo da parte della fiducia del mio Dio-contadino che, di fronte al mio fancazzismo – “Ecco, sono più di quaranta anni vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo! Perchè deve vivere a rimorchio mio?” – chiede una dilatazione ulteriore di fiducia. Sopravvivo per una aggiunta annuale di fiducia. Ogni tanto sento di approfittarne della bontà di Dio: mi accorgo che la sua fiducia verso di me è come la gomma da cancellare: si rimpicciolisce dopo ogni errore. Eppure ci riprovo a sfidare la bontà il Padrone, per il semplice fatto che anche l’anno scorso aveva detto: «Ancora quest’anno, sennò…»! Avverto di essere un avventuriero spericolato, ma il fatto è che nelle storie d’amore, quelle vere, l’ultimo tentativo è sempre il penultimo. Mi sono fatto un’idea di chi sia io: assomiglio ad un libro che la gente abbandona di leggere dopo qualche pagina, lasciandoci tutt’al più un segnalibro. Dio, prendendolo in mano, si accorge che il segnalibro era fermo esattamente una pagina prima della pagina più bella. E «ancora quest’anno» è stato il suo segreto per non perdermi definitivamente.
(da Il Sussidiario, 19 marzo 2022)
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”» (Luca 13,1-9).
Editoriali del Tempo di Quaresima 2022
Mercoledì delle Ceneri, Una strana allegria al pensiero di riprovarci, 2 marzo 2022
I^ Domenica di Quaresima, Il porcello e il Santo, 5 marzo 2022
II^ Domenica di Quaresima, La Chiesa che s’addormenta, 12 marzo 2022