Fuori dal PalaBernhardsson di Padova siamo un po’ tutti emigranti nella
vita. C’è chi si vergogna di piangere, quelli che fingono di piangere, quelli
che delle lacrime non sanno che farsene, quelli che non vogliono commuoversi,
quelli che non riescono perché ribelli o semplicemente menefreghisti. Ma
dentro, attoniti di fronte alla semplicità di quel palco, domenica sera regnava
una meraviglia stupita. Roberto Benigni recita Dante. Recita? No. Canta, eleva,
innalza, sublima Dante. Meglio: diventa quasi Dante stesso. S’ingigantisce,
s’arrabbia, s’arroventa, si concentra… fino a scoppiare a piangere. Potenza
incredibile della poesia. Sembravano scritte per l’occasione questi versi: "Vieni, vieni chiunque tu sia, sognatore,
devoto, vagabondo poco importa. La nostra non è una carovana di disperazione.
Vieni, anche se hai infranto i tuoi voti mille volte. Vieni, vieni, nonostante
tutto vieni"
(Giala’l Ad-din Rumi). La prosa può sbiadire, può essere
cancellata dal tempo, le sue tracce possono smarrirsi: essa parla alla ragione.
I poeti, diversamente, parlano al cuore, colpiscono nel profondo, emozionano.
Non passano!
Vicino a me Roberto Baggio, l’essenza del calcio.
Stupito, commosso, intenerito da quel poeta che dal palco interpreta Dante col
cuore aggrappandosi con trasporto alla povertà delle parole. Osservo quei piedi
custodi di mille magie, m’intenerisce quel ginocchio stretto tra le mani –
gioia e dolore di mille allenamenti -, m’innamora quello sguardo appassionato.
Lui, uomo di magie, conquistato per una sera dalla magia stessa.
La bellezza non sta nella penna di chi scrive, ma
nell’orecchio di chi ascolta – ripeteva spesso Benigni -. Un po’ come
l’incantesimo dell’altro Roberto: la bellezza non stava nel suo piede, ma
nell’occhio di chi si lasciava accompagnare da quelle traiettorie. Entrambi una
vita spesa per istoriare la bellezza. A ragionare così si può anche sbagliare,
d’altronde "I rigori li sbagliano
soltanto chi ha il coraggio di batterli"
– disse il numero 10 dopo il
rigore fallito di Pasadena.
Due uomini, microcosmi splendidi di un Tutto che
ovunque sparge tracce della sua presenza. Me se ne sono andato un po’ triste
domenica sera perché ogni tanto mi distraevo. Mi distraevo perché invece di
ascoltare le loro parole incrociavo Dio nei loro gesti.
Mi son distratto: ma senza rimpianto alcuno!

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