Contemplava
per ore e ore il volo delle rondini. Quelle rondini che nessuno mai è riuscito
ad ingabbiare. Simbolo di gioia, di libertà, d’esordio di primavera. Ammirava,
pregava, sognava. Sperava, musicava, predicava. Stringeva, allentava,
strigliava. Dalla dissolutezza alla santità traghettando per una notte di
conversione, di passione, di lacerazione. Patrono d’Italia, della gioia, della
festa. Ad Assisi, città dell’anima, il cielo scrisse una storia tutt’ora da
tradurre.
Da leggere
e masticare.
La celeste
storia umana d’un cuore piantato a terra e scrutante il cielo. Francesco e i mille
rumori: l’oro, la spada, le preghiere. Voci di angeli, di guerrieri e di
soldati. Scalpitìo di cavalli, fruscio di monete, urla scomposte. Suoni di
bestie, d’uomini e d’amori. Di bellezza, di stupori, di trionfo. Voci da sopra,
da sotto, da dentro. Da fuori. Nel frastuono, la voce del cuore. Su vecchie
cartacce sta sbobinato un colloquio tra Creatore e creatura. Apparendo a Frate
Francesco, messer Signore gli disse: "Ma
tu sei matto, Francesco". E il matto rispose: "Non quanto Te, Signore".
Storie di
matti sopra il cielo. Con donne a proteggerne il brivido nel cuore. Il cuore
del Nazareno ebbe tenerezze femminili come custodia. Pure il folle d’Assisi
teneva donna. Iacopa de’ Sottesoli, vedova di Graziano Frangipani, spazia nell’orizzonte
di questo santo del XII secolo: perché con gli amici è più affascinante essere
monaci silenti di Dio. Perché la
Scrittura serba gelosa piccole gioie: incontri, sguardi,
palpiti, emozioni, sentimenti, attese. Premure, battiti, innamoramenti. Per la
gioia di coloro che vorrebbero incarcerare la Scrittura nell’invito
alla moderazione. Lezione eterna quella sbocciata tra le viuzze d’Assisi: quand’è
amato l’uomo diventa forte. Diventa irresistibile. Diventa santo. Cercare un
cuore per tentare la scalata del cielo. Il cuore amico che trattiene i segreti
della quotidianità: consuetudini piccole, gioie nascoste, trucchi segreti d’ammansire
il cuore. La telefonata, la carezza, il post-it. Un sms, un fiore, un pane. Un
tocco, una carezza, un gesto. Piccolezze: sintesi d’esistenza.
Sull’atrio
di sorella morte, Francesco ebbe fame. Di biscotti. Non di biscotti qualsiasi. Di
quelli che partoriva donna Iacopa. Odorava di santità, ma aveva fame: di
biscotti, di vicinanza, d’affetto. Non dei biscotti, ma della mano che li
faceva. Non della mano: ma del cuore che muoveva la mano.
Il santo folle aveva fame di cuore di donna.
Altri
tacciarono la femminilità. E divennero inappagati peccatori.