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C’è gente così distratta che, vivendo, si perde il meglio di sé: «Ogni sera la luna mostra la sua faccia nascosta – mi diceva un signore – ma tutti sono distratti da sogni di poco conto». Che poi, a ben pensarci, ci sono cose che sono peggiori di un’assenza: sono le presenze distratte. Così distratte che, mentre parlano, sovente ti chiedono che cosa stanno dicendo: è gente che quando si innamora, se ne accorge quando la storia è già finita. Avvisaglia della distrazione è la Scrittura stessa: «Come furono i giorni di Noè (…) non si accorsero di nulla finchè venne il diluvio e li travolse tutti». Non che, a quel tempo, la storia fosse più strana di quello che era stata fino ad allora; non che fosse diversa da com’è andata dopo d’allora. Al tempo del diluvio – universale, pestifero, letale – la storia andava avanti come sempre: mangiavano e bevevano, si accoppiavano e si mollavano, andavano a zonzo e anche in pellegrinaggio. Il castigo, dunque, non capitò perchè quella fosse gente cattiva – “Che male c’è a mangiare e bere, maritarsi e riprodursi?”- ma perchè era gente distratta. C’è una cosa che è mortale tanto quanto fare il male: è non fare il bene. Fu quello il dramma che li mandò sott’acqua, a testa in giù: non fecero ciò che era bene per loro. Il fatto serio, poi, era che il bene si era fatto così evidente da meritarsi una cisterna d’acqua sul capo: vivendo distratti non si accorsero che Dio li stava cercando.
Dalla distrazione alla distruzione il passo è breve. I paesani di Noè erano tutti gente che lavorava, nessuno lo mette in dubbio. Il fatto è che anche il lavoro, quand’è solo lavoro, è a rischio-distrazione: «Il lavoro è un’ottima cosa per l’uomo – scrive A. France -: lo distrae dalla sua vita, gli impedisce di vedere quell’altro essere che è se stesso, che gli rende spaventosa la sua solitudine». Anche Noè lavorava, mica era un tipo fannullone: ma fu l’unico che, lavorando, non si fece distrarre dal lavoro Si accorse di Dio e Dio ricambiò: si accorse dell’attenzione di Noè. E lo trasse in salvo. La distrazione e la distruzione non furono mai così vicine come nella terra dove Noè, facendosi ridere dietro dai molti, si mise a costruire un’arca al dispetto del sole che picchiava forte. Capita sempre così, è una legge terra-terra, legge di natura: «Se un problema necessita di assoluta concentrazione, contemporaneamente interverrà una distrazione assolutamente irresistibile» (legge di Murphy). Così come è vero il contrario: ad ogni distrazione segue un’attrazione più focosa. Peccato, nel frattempo, che l’occasione se ne sia andata, lasciando come traccia l’amaro in bocca nell’ammettere che esiste una cosa ben peggiore del non aver mai avuto un’occasione nella vita. E’ quella di chi ce l’ha avuta e, per una questione di distrazione, non l’ha saputa cogliere.
Dio, nel frattempo, mantiene le mani in pasta. Per la distrazione dell’uomo non manderà mai gambe all’aria l’intera storia degli uomini. Ricomincerà, scegliendo sempre i più attenti rispetto ai più capaci, gli innamorati ai professionisti, i pittori saranno preferiti agli imbianchini. D’altronde sulla cattedra del Monte Ararat la lezione di ingegneria meccanica rimase celebre: il Titanic fu costruito da dei professionisti e affondò, l’arca fu fabbricata da un agricoltore, Noè, e resse la furia del diluvio. Riaccadrà, tale e quale a com’è accaduto: «Così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo: tenetevi pronti perchè, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’Uomo». Morto Noè, Lucifero iniziò a spargere voce che quella storia fosse tutta una favola. Tanti gli vanno dietro dicendo che Dio è una cosa inutile: a me, degli oggetti inutili, affascina la capacità che hanno di saper aspettare il loro turno. Stanno in attesa, attenti a non distrarsi. Allo scoccare dell’ora, hanno mira da cecchino.
Oggi inizia l’Avvento: l’uomo attende che Cristo torni a trovarlo. Anche Dio inizia l’avvento: attende che l’uomo s’accorga che Lui è già sulla porta. Il colmo è sempre alla mattina: svegliandosi c’è gente che si dimentica di aprire gli occhi.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (Matteo 24,37-44).

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La vita è un viaggio da percorrere a piedi. Difficile scoprire il mondo senza uscire di casa propria: chi non si muove, non s’accorge delle sue catene. Anche il Vangelo è la storia di un viaggio: la maniera migliore per capirlo è mettersi in cammino per contemplarlo dal maggior numero di angolazioni possibili. Oggi iniziamo un doppio-viaggio. Dall’Armenia – la prima nazione ad avere scelto il cristianesimo come religione -, iniziamo il tempo dell’Avvento: è anche l’inizio di un nuovo anno liturgico. Una doppia attesa: ricercare tracce di Dio in questa terra d’Oriente e preparare il nostro cuore alla nascita di Gesù. Alcuni luoghi sono un enigma, altri luoghi sono una spiegazione.
Vi aspettiamo a Le ragioni della speranza, su RaiUno, il sabato pomeriggio alle ore 16.15 (in replica la domenica mattina alle 6.20).

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