Il verbo essere è il verbo più delicato della grammatica italiana. A seconda del pronome con il quale l’abbini, racconta anche chi sei: “Io sono, tu sei, egli è, noi siamo, voi siete, essi sono”. Pronomi personali, anche prospettive mondiali: io senza gli altri, prima gli altri e dopo io oppure io assieme agli altri. Usare “io sono” è correre il forte azzardo d’apparire strafottente, quasi un’irriverenza alla collettività. Un po’ come dire: “Io sono io, tu non sei come me”. Sfidare la sfacciataggine con l’arnese dell’umiltà è il colpo di classe del Cristo: «Io sono la via, la verità, la vita» afferma di sé, parlando agli amici in stato di perenne agitazione confusionale. Nemmeno vedendolo Risorto riescono a pacificarsi nel cuore, a credere che tutto sia andato come aveva (pre)detto. Ecco, dunque, il ritorno dell’Avventuriero: con la vittoria sulla morte in tasca, torna a sobbarcarsi in spalla il gregge per riportarlo a casa loro. “Non è che il Risorto, di punto in bianco, si sia fatto un po’ arrogante?” sospetterà qualcuno. Come di chi, dopo aver sofferto ad oltranza l’umiliazione avversaria, colga l’occasione di un successo personale per vendicarsi degli affronti? «Io sono», sulle labbra di Gesù, è pane per i denti di Lucifero, tra l’altro: “Cosa vi avevo detto? Pensa solo a se stesso. Vi ha usati per farsi bello, se ne infischia del vostro lavoro. Bene vi sta, creduloni che non siete altro”. Satàn, satanasso, santone: confondere tutto è la sua specialità.
Riparte, Cristo, da dove li aveva lasciati, dopo aver sciacquato loro i piedi in quel giovedì santo che ha allarmato la storia. Riparte da terra, sdraiandosi a terra, facendosi strada e tappeto per gli amici: «Io sono la via (…) Abbiate fede in me, sennò vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto?”» Il mondo è pieno di gente che prende per i fondelli l’uomo: “Fidati di me, affidati a me: io ho potere, conoscenze, amicizie, possibilità”. E l’uomo, imboccando queste strade, si è fatto di sasso, è finito dritto all’inferno: «La strada più sicura per l’inferno è il graduale pendio dolce, morbido sotto i piedi, senza brusche svolte, senza tappe né segnaletica» (C. Lewis). L’uomo, dunque, sovente si fa strada sfruttando l’uomo. Cristo, invece di farsi strada usando l’uomo, fa-strada all’uomo, il contrario dell’umiliazione. Non dice all’uomo: “Io ho la via, la verità, la vita”. Dice la cosa più umile che si possa pronunciare: «Io sono la via, la verità, la vita». Confessare agli amici di essere la loro strada è la professione più densa di umiltà, è dire: “Vado avanti io, così se succede qualcosa capita a me. Tu stai dietro a me, non ti agitare”. E’ uno dei passaggi più pedonali di tutti i Vangeli: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi». Da batticuore! Vedendoli turbati, dice loro: “Restate qui. Vado io a vedere la strada, apro casa, ritorno a prendervi per portarvi con me. Così quando arrivate trovate tutto pronto”. Solo un maiale come Satàn, di un Dio così, può continuare a dire ch’è inaffidabile.
I santi, battendo esattamente questa strada, hanno trovato casa nei pressi di Dio: “Tu sei stato la mia strada – mi immagino dicano mentre si stringono Dio forte al petto – E su questa strada sono successi incidenti, ho letto male il segnale, ma ho sempre (ri)trovato te al mio fianco”. Eccola la vera casa dell’uomo: non una costruzione di pietre e mattoni, ma una strada. Magari offuscata, di periferia, slabbrata: dalla strada che scegli d’imboccare hai già detto al mondo la mèta verso la quale stai tendendo. Anche l’Inferno è una meta, come il Paradiso: per entrambe c’è una strada a disposizione. Ancora un Cristo per-terra, umile, rasoterra. Non esibisce vanti, domanda permesso, invoca fiducia: «Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me» (cfr Gv 14,1-12). Avesse detto che aveva (in tasca) la strada, la verità la vita, Gli avrei riso in faccia: “Di arroganti ne conosco a bizzeffe”. Invece ha giurato il contrario: di essere via, verità, vita. Cioè ha detto di proseguire di là, ma prima ci è andato Lui. Un amore così gentile, la mia memoria l’associa solamente a quello di mamma e papà: tutta gente disposta a sdraiarsi per terra perchè io cammini sul velluto.
(da Il Sussidiario, 9 maggio 2020)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14,1-12).