L’Albero o il Presepe? Un po’ come chiedere “Milan o Inter?”, oppure “pandoro o panettone?” (domanda quanto mai gettonata in periodo di feste). E, mentre le ultime due lasciano strascichi infiniti di querelle sportive o gastronomiche, la prima s’accompagna, da subito ad un pregiudizio. Se opti per il primo, sei un neopagano, se opti per il secondo sei un cristiano fervente e tradizionalista.
Le cose, però, non stanno esattamente così. Sicuramente chi preferisce il presepe all’albero privilegia una tradizione nostrana ad una di derivazione straniera, che, però, non per questo, può non essere definita cristiana. Avremmo insomma, più uno scontro di cultura e di folklore, più che di fede, nel senso che si trattano in sostanza di modi diversi per festeggiare lo stesso evento, il Natale: l’uno di origine italiana e maggiormente diffuso e apprezzato nei paesi di lingua neolatina, l’altro di origine germanica e particolarmente apprezzato presso i paesi dell’Europa centrale e settentrionale. Ovviamente, oltre ai motivi di tipo tradizionale, si sommano senza dubbio contesti geografico-climatici indubbiamente differenti: l’albero di Natale è, per antonomasia, un abete o, quanto meno, un sempreverde, di cui sono particolarmente fornite le foreste dell’Europa del Nord, mentre sono scarsi, se non assenti nella macchia mediterranea.
L’origine del Presepe credo sia piuttosto nota a tutti, imputabile all’inventiva del Poverello d’Assisi, patrono d’Italia. Ma non fu un presepe come oggi lo intendiamo: eresse una mangiatoia e portò un bue e un asino viventi, all’interno della liturgia per la Messa di Natale del 1223, in una caverna del bosco di Greccio, dopo aver chiesto ed ottenuto il permesso di Papa Onorio III. L’intento di San Francesco era di far rivivere l’atmosfera della Natività di Cristo (e proprio a motivo di questo scelse Greccio poiché gli ricordava Betlemme), ma non intendeva fa una rappresentazione realistica della sua nascita. Per questo, alcuni intendono sottolineare tale differenza, volendo identificare quanto avvenuto a Greccio come “Natività”, al contrario dei vari presepi che nella storia si sono succeduti, con la presenza innanzitutto dei personaggi della Sacra Famiglia, via via arrochitasi di personaggi sempre più marginali o addirittura storicamente non presenti (come accade, ad esempio, per tante statuine recentemente prodotte dai celeberrimi maestri di san Gregorio Armeno, a Napoli) allo scopo di invitare gli spettatori all’immedesimazione coi personaggi che più li rappresentano. In seguito, fu il presepe a spopolare e il primo presepe non vivente di cui si abbia notizia è ad esempio quello di Arnolfo di Cambio del 1289 (attualmente conservato nel Museo della Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma). Tuttavia, già in periodo paleocristiano, nelle catacombe furono ritrovate immagini della Natività (se poi ricordiamo che, nel periodo di festa dei Saturnali, era usanza regalare doni – tra cui piccole statuette – ai bambini, non è difficile evidenziare il progressivo passaggio dalla festa del Sole Nascente a quella del Cristo Nascente, con gli strascichi inevitabili nella trasposizione dal significato pagano a quello cristiano dei riti di quei festeggiamenti).
Per quanto riguarda l’albero, Cullman (osservatore luterano al Concilio Vaticano II) precisa che «Solo la primissima forma cristiana è in rapporto con i riti pagani: da un lato col primordiale culto degli alberi, dall’altro con l’antica celebrazione del solstizio d’inverno». Gli alberi rappresentano da sempre, nella storia dell’uomo, un richiamo forte alla spiritualità e all’innalzamento, accompagnato da simbologie particolari, quali l’accoglienza, la maestosità o anche la vita eterna (i sempreverde). Pensando alla Bibbia, ad esempio, essa è piena di riferimenti arborei, specie nei salmi (palme e cedri, su tutti, si succedono in gran quantità). Innanzitutto, l’albero di Natale entra in relazione con l’albero dell’Eden, perché, come fa notare ancora Cullman, agli occhi dei medievali, era chiaro come l’avvento di Cristo espiasse il peccato originale: sono infatti riscontrati molto spesso, durante le sacre rappresentazioni che avvenivano il 24 dicembre alberi utilizzati nella scenografia, con tanto di mele appese ai rami. Mostra questa stessa convinzione, ad esempio, una miniatura salisburghese, dell’anno 1489:: un albero, la cui chioma è folta di mele e ostie, ha appeso sulla sinistra un crocifisso e sulla destra un teschio; sotto il primo Maria coglie le ostie, presso il secondo Eva distribuisce le mele.
In più – e in questo è la liturgia stessa a venirci incontro – a un albero sarà confitto Cristo nella Passione. Dal legno della mangiatoia a quello della croce: la storia di Gesù pare dunque saldamente legata agli alberi e al loro legno, che a sua volta richiama, nella mente di chi legge la Bibbia, altri legni e altri alberi (tanto per citarne alcuni: l’arca di Noé, il roveto ardente, il bastone di Mosé, l’arca dell’Alleanza). Senza scomodare i riti pagani, già la letteratura biblica e ricca di riferimenti arborei.
Tuttavia, senza dubbio, per completezza, è giusto riferire la leggenda, che ha per protagonista san Bonifacio e spiega con chiarezza quale sia il rapporto tra paganesimo e cristianesimo in questo così frequente scambio di simboli:
Una storia, infatti, lega l’albero di Natale a San Bonifacio, il santo nato in Inghilterra intorno al 680 e che evangelizzò le popolazioni germaniche. Si narra che Bonifacio affrontò i pagani riuniti presso la “Sacra Quercia del Tuono di Geismar” per adorare il dio Thor. Il Santo, con un gruppo di discepoli, arrivò nella radura dov’era la “Sacra Quercia” e, mentre si stava per compiere un rito sacrificale umano, gridò: «questa è la vostra Quercia del Tuono e questa è la croce di Cristo che spezzerà il martello del falso dio Thor». Presa una scure cominciò a colpire l’albero sacro. Un forte vento si levò all’improvviso, l’albero cadde e si spezzò in quattro parti.
Dietro l’imponente quercia stava un giovane abete verde.
San Bonifacio si rivolse nuovamente ai pagani: «Questo piccolo albero, un giovane figlio della foresta, sarà il vostro sacro albero questa notte. È il legno della pace, poiché le vostre case sono costruite di abete. È il segno di una vita senza fine, poiché le sue foglie sono sempre verdi. Osservate come punta diritto verso il cielo. Che questo sia chiamato l’albero di Cristo bambino; riunitevi intorno ad esso, non nella selva, ma nelle vostre case; là non si compiranno riti di sangue, ma doni d’amore e riti di bontà».
Bonifacio riuscì a convertire i pagani e il capo del villaggio mise un abete nella sua casa, ponendo sopra ai rami delle candele.
«L’abete sempre verde – ricordava Giovanni Paolo II – esalta il valore della vita, perché nella stagione invernale diviene segno della vita che non muore»: forse ricordare questo, mentre decoriamo l’albero, o ne osserviamo uno decorato per la strada o le vie della nostra città, dovrebbe aiutaci a pensare al mistero di Cristo in modo integrale, senza scinderlo dalla Pasqua, ma facendo memoria del Suo amore che ci invita a puntare in alto, senza scendere a compromessi.
Fonti:
L’albero di Natale? Cristiano, non pagano
San Francesco e l’origine del Presepe: la verità che non ti hanno mai detto
Storia del presepio
Il primo Presepio inanimato: Arnolfo di Cambio
Il Presepe più antico del mondo: la Natività di Arnolfo di Cambio
L’albero di Natale: un simbolo pagano?