Quando si dice “fare le cose in fretta”. Che poi, a pensarci bene, quando c’è di mezzo Cristo significa disattendere quell’antica certezza della catechesi parrocchiale: “Dio ha tanta pazienza”. Si ammonisce sovente, infatti, di non “fare le cose in fretta” perchè – almeno così me l’hanno sempre insegnato – la fretta è una cattiva maestra. Ma se a fare le cose in fretta fosse Dio? Allora le cose cambiano drasticamente: perchè un “colpo di testa” (atteggiamento tipico di chi compie certe azioni di fretta) di Dio è una grande confusione per l’umanità. Con buona pace della mia catechista che – tutta presa dal narrare l’inesausta pazienza di Dio – non aveva messo in conto che in certi casi Dio ha una fretta imprevista. E il non calcolare Dio nella trama della ferialità è sempre anticipo di conti che non tornano. Perchè certe cose “fatte in fretta” da parte di Lui non sono cose “fatte a caso”, e nemmeno improvvisate: sono semplicemente delle accelerate imbarazzanti rispetto alla velocità dei ragionamenti dell’uomo.
La gente si smarrisce deietro ai mille piccoli dettagli che qui ti vengono quotidianamente addosso, e in questi dettagli si perde e annega. Così non tiene più d’occhio le grandi linee, smarrisce la rotta e trova assurda la vita. Le poche cose grandi che contano devono essere tenute d’occhio, il resto si può tranquillamente lasciar cadere. E quelle poche cose grandi si trovano dappertutto, dobbiamo riscoprirle ogni volta in noi stessi per poterci rinnovare alla lorofonte. E malgrado tutto si approda sempre alla stessa conclusione: la vita è pur buona, non sarà colpa di Dio se a volte tutto va così storto, ma la colpa è nostra. Questa è la mia convinzione, anche ora, che sarò spedita in Polonia con l’intera famiglia”
(E. Hillesum, Lettere, 87)
C’era uno strozzino, il suo nome era Zaccheo: quel giorno Dio fece le cose di fretta: “Scendi subito, perchè devo fermarmi a casa tua”. Ancor prima c’era una donna, il suo nome era Maria: anch’essa, anticipo di mille vagabondaggi, fece le cose di fretta: “si mise in viaggio e raggiunse in fretta la casa della cugina Elisabetta”. O come con Pietro e la ciurma di pescatori: quella volta furono loro, segregati da uno sguardo, ad agire di fretta: “subito, lasciate le barche, lo seguirono”. Colpi di testa nel più genuino dei significati: quei colpi di testa – o quei colpi d’ala – che appartengono al gergo degli innamorati. Il Vangelo è la celebrazione della pazienza; certe pagine, però, trasmettono una fretta che imbarazza, persino che angoscia e provoca rossore (liturgia della XXIV^ domenica del tempo ordinario). E’ la fretta di Dio: c’è un’urgenza e le cose vanno fatte subito, anche a costo di provocare uno strappo al gruppo che insegue. “Oggi sarai con me in Paradiso”: il “colpo di testa” rimasto ancora imperdonato. Perchè passi Zaccheo e la Maddalena, Levi/Matteo e Simone/Pietro. Passi anche l’adultera e la samaritana plu-rimaritata. Questo, però, proprio no: quel ladrone incallito non merita il Paradiso. Quella fretta divina di prenderselo sottobraccio e farsi accompagnare all’inaugurazione del Paradiso non aveva ragione d’esserci, rimane il “colpo di testa” mai perdonato a Cristo: infatti, il suo nome – Disma, il primo santo della storia (l’unico canonizzato da Cristo) – non ha posto nei calendari. Tiè, beccati questa: sarà anche solo per invidia o gelosia, ma quello rimane – per chi guarda da quaggiù – una pagina di Vangelo “fatta in fretta”.
Peccato che la fretta di quel Venerdì pomeriggio ebraico fosse sinonimo d’amore. E di riconoscenza, per aver ricevuto la più luminosa delle adorazioni non dal primo papa della storia ma dal brigante incallito che stava crepando vicino a Lui. Niente autocommiserazione, niente piagnistei, tanto meno adulazioni. Semplicemente uno sguardo e una confidenza: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Quasi a dire: “vai, tu sì che sei innocente. E per di più sei il Re. Il mio Re”. Parole che accendono la fretta nel cuore del Crocifisso: “oggi sarai con me nel Paradiso”. E’ la fretta dell’Amore: che non si lascia sfuggire l’occasione, che s’incunea nella fessura lungamente adocchiata, che strappa la grazia alla disgrazia, che riscrive le deficienze di una vita intera per quell’ammissione di colpa e di regalità. Cristo ha pazienza: perchè certe esistenze, per essere riaccreditate, hanno bisogno dei tempi lunghi della rieducazione. Cristo, però, talvolta ha tanta fretta: quando l’uomo è in balìa delle fauci del male, basta uno sguardo e Cristo “fa le cose di fretta”. Che non significa fare le cose a caso ma farle con lo sguardo dell’Amore: che riesce a leggere laddove lo sguardo dell’uomo non riesce. In quell’abisso della coscienza dov’è stampato il brevetto evangelico: l’abisso che invoca l’Abisso.
Un giorno disse: “peccatori e prostitute vi sorpasseranno”. Lo spiegò con i gesti della pazienza, ma l’uomo non capì. Un giorno agì di fretta: e aprì il Paradiso con il meno quotato degli uomini. Un perfetto uomo di periferia.
Avviso parrocchiale
Solitamente in occasione del Santo Patrono, ogni parrocchia fa festa. Nella nostra parrocchia “dietro le sbarre” – per l’appunto “La Parrocchia di San Disma, il Ladrone” – questa domenica è festa patronale. Un cin-cin a tutti i miei parrocchiani: “nessuna cella è così isolata da escludere il Signore”. Questa è la ragione della nostra festa, che si declina con i tempi lunghi della galera. Santo Disma (ora pro nobis peccatoribus).