cavallodirazza
Lui è buono come il miele e loro ne assaporano il gusto, pur senza volerlo mai assaggiare veramente: sono mosche cocchiere, si pensano generali d’armata di elevato spessore. S’attaccano a lui, son mosche sul miele: «Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme». Lui, il Maestro, è l’Uomo della nuova legge; scribi e farisei – stimabili topi da biblioteca – sono un mausoleo ambulante e vivente della vecchia Legge, quella che “teniamo l’onore in casa”. Quella che, a dare retta a Cristo, non salva più: quando lo faceva, poi, salvava male. Non salvava affatto! La differenza tra Cristo e gli avversari, è una differenza di posizione: Cristo sta dentro ai problemi – in fondo alla scarpata, nel mezzo del dramma, dentro un marasma d’affanni, dolori -, loro stanno se ne stanno seduti a vedere cosa fanno gli altri. Per giudicare: «Perché – chiedono al loro Avversario – i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?» Non hanno visto i corpi che prima erano sofferenti e adesso sono gaudenti, le carni spossate diventate gioiose, le membra fiacche divenute membra d’assalto. Assolutamente: i frutti dell’amore non li vogliono vedere. Vedono solo quello che fa comodo: le mani non lavate, le camicie stirate male, le vesti stropicciate. Loro, i foto-modelli della legge, sono inappuntabili: profumati, vestito perfetto, un perpetuo intonare preghiere da quando spunta il sole a quando tramonta. Il cuore, però, è altrove. Non è per Lui, con Lui, in Lui: vorrebbero fare vedere questo, ma siccome non lo è affatto, Cristo glielo sbatte addosso. Senza il politicamente corretto, il loro riconosciuto marchio di fabbrica: «Ipocriti! Bene ha profetato Isaia di voi: “Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me». Detto così, pulito-pulito.
Facciano quello che vogliono: nessun obbligo a seguirLo. Nessuno si azzardi ad imbrigliare Cristo: «Il vero dramma della Chiesa che ama definirsi moderna – annotava Papa Luciani, 33 giorni di stupore in accelerazione – è il tentativo di correggere lo stupore dell’evento di Cristo con delle regole». Cristo porta negli occhi il grido della gente, l’urlo di chi ha il cuore affranto, l’emozione di chi era perduto ed è stato ritrovato. Il loro tentativo, invece, è ingabbiare Cristo dentro una formula, regolarizzare l’amore. «Ipocriti!», ribatte Cristo. Che serve lavarsi le mani, strusciarsi sui banchi, pettinarsi i capelli, recitare mille giaculatorie una dietro l’altra, viaggiare di santuario in santuario se poi il cuore non ama Dio? Ce l’ha dura, il Cristo predicatore. Ma non molla: “Che me ne frega dell’igiene, della pulizia, di tutto il vostro galateo se poi non sapete amare? Tenetevelo!” Lui vuol mettere a nudo l’uomo, in ascolto di se stesso. “Spogliatevi dei preconcetti per venirmi appresso!” E’ un bellissimo modo di mettersi a nudo: «Ascoltare senza pregiudizi e distrazioni è il più grande dono che puoi fare ad un’altra persona»: è di Walt-Disney, è Vangelo. Perché, sotto-sotto, a scribi e farisei Cristo vorrebbe far capire una cosetta semplice-semplice, visto che loro mettono prima il dogma del cuore, la legge prima dell’uomo: le persone che hanno pregiudizi, all’inferno finiranno tutte assieme, nel medesimo posto. In un luogo comune. Lui, i suoi, li ha ammaestrati all’assalto dei cuori, non a pettinare le bambole: l’auto-lavaggio è il lusso di chi ha tempo da perdere. “Salvate il cuore: tutto il resto si salverà di conseguenza” chiosa Cristo agli amici dopo aver manganellato gli altri, venuti per auto-proporsi: «Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando nell’uomo, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro» (cfr Mc 7,1-23).
A Cristo preme assai l’estirpazione del male; a loro preme l’igiene esteriore, quello che fa star buona la legge-scaduta. Le regole annoiano, Cristo è nato per provocare bruschi risvegli. Tra Cristo e gli avversari la differenza è minima. Loro aspettano che le cose accadano, Lui le fa accadere. La storia Gli darà ragione: lavare mani e posate è questione di galateo, sporcarsele è questione d’amore.

(da Il Sussidiario, 1 settembre 2018)

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». 
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». 
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Vangelo di Marco, 7,1-8.14-15.21-23)

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