Qualcuno, specie in seguito alle tragedie che hanno colpito due ragazzi che erano in gita con la loro classe per visitare l’Expo (Domenico Maurantonio di Padova, in maggio, e Andrea Barbetti di Cesena, più recentemente) ha portato più di qualcuno a mettere in discussione non solo l’utilità e la fattibilità delle gite per conoscere Expo, ma persino l’utilità stessa delle uscite didattiche in quanto tali.
Diverse persone ritengono che ormai tutti si possono permettere viaggi, quindi uno dei motivi per cui i viaggi d’istruzione erano nati, è da considerarsi ormai decaduto.
Altri aggiungono che spesso le mete dei viaggi sono scelte sula base delle mete dei ragazzi e non a partire da effettivi approfondimenti didattici, che siano basati sulle materie scolastiche proprie dell’istituto frequentato.
Alla prima, mi viene da dire che fare un discorso simile sulla base di un innalzamento medio della ricchezza, in un periodo tuttavia di evidente e generalizzata crisi economica è quanto mai superficiale e gretto: ci fosse anche una sola persona che ne beneficiasse, tali viaggi hanno tutto il diritto d’esistere, in virtù di quella persona che non si potrebbe permettere alcun viaggio, né d’istruzione, né (a maggior ragione) di piacere. Se da una parte, senz’altro si è innalzato il livello medio di ricchezza, è anche vero che ciò non è così per tutti, dal momento che si riscontra anzi che il numero di persino sotto la soglia di povertà, specie tra i ragazzi, è aumentato. I diritti da salvaguardare sono quelli di tutti, non di una fantomatica (oltre che impersonale) media.
Rispetto alla seconda obiezione, la prima cosa che mi viene da dire è che assecondare o meno i desideri dei ragazzi dipende dalle decisioni prese dai responsabili didattici e dai consigli d’istituto. Se questi non sono in grado di effettuare il debito discernimento, come possono accusare i ragazzi di essere mancanti in questo? Chiedere è lecito, ma acconsentire non è certo un obbligo: che l’uscita didattica abbia un fine di formazione e non sia un ulteriore modo per “sballarsi” dovrebbe essere garantito innanzitutto dalla vigilanza degli istituti, che dovrebbero programmare con cura gli obiettivi di tali uscite.
Infine, sulla reale utilità, lascio a voi di giudicare se non sia è possibile che un evento che può anche essere di intrattenimento e di folklore, come quello dell’Expo, non possa tuttavia lasciare un’impronta più profonda di ciò in menti giovani, di cui riporto alcuni esempi.
Il padiglione di Haiti ha colpito molto Rebecca, che ne spiega il ruolo all’interno di un cluster che raggruppa diversi paesi:
Il padiglione che mi ha colpito di più tra i molti che ho visitato è stato quello di Haiti. Il padiglione è sviluppato all’interno del Cluster dei cereali e dei tuberi; Haiti ha partecipato per due motivi: 1 valorizzare l’eredità storica dei nativi americani legata alla cultura dei cereali e dei tuberi; 2 condividere questa eredità con coloro che visitano l’Esposizione Universale. In poche parole, Haiti cerca di far capire la tradizione culturale e gli sforzi che il governo fa per migliorare la qualità è la quantità della produzione alimentare. Il padiglione è realizzato su due piani, nei quali si possono ammirare le conoscenze e le abilità che gli haitiani hanno in diversi campi.
Nicole è molto attenta ai dati numerici, ma questo non le impedisce di porre l’accento sul lato umano di questa esposizione, infatti, oltre a citare i padiglioni che l’hanno maggiormente interessata, decide di soffermarsi in modo speciale sul padiglione del Nepal per un motivo che poco ha a che vedere col cibo:
L’Expo è una manifestazione internazionale che quest’anno è stata organizzata a Milano. I paesi partecipanti sono circa 140.
Tra i padiglioni che abbiamo visitato, quello che più di tutti mi ha colpita è quello del Giappone. Era molto interessante perché molto innovativo. Infatti una cosa che mi è piaciuta molto è il ristorante del futuro.
Oltre il padiglione del Giappone abbiamo visitato quello della Spagna, quello della Repubblica Ceca ed altri ancora, alcuni belli ed interessanti.
Il padiglione del Nepal è quello che mi ha fatto più tenerezza di tutti, perché, nonostante il disastroso terremoto, grazie all’aiuto di altri, sono riusciti a continuare i lavori di allestimento per poter essere visitabili sin dall’inaugurazione.
Anche Leonardo ha apprezzato il padiglione giapponese, ma non si è lasciato sfuggire il padiglione New Holland, che effettivamente era davvero interessante, oltre che per il simulatore di mietitrebbiatrice, anche per i meravigliosi effetti luminosi e sonori che riproducevano le varie condizioni atmosferiche:
Enrico e Massimiliano io siamo andati al padiglione del Giappone per mangiare una loro specialità subito dopo ci siamo diretti al padiglione della New Holland e abbiamo guidato il simulatore della mieti trebbiatrice. Alle 2 abbiamo assistito allo spettacolo d’acqua. Poi ci hanno lascito tre ore di tempo libero e io ho visitato il padiglione: Giappone, Corea, Nepal, Zero, Brasile, Cina, Coca-Cola. Il padiglione che mi è piaciuto di più è il padiglione ITALIA perché era il più grande ma soprattutto rappresentava il tema EXPO. Io mi sono divertito tantissimo perché abbiamo visitato il mondo attuale del cibo.
Nonostante la loro giovane età, i ragazzi sono quindi stati attenti a questa manifestazione e si sono lasciati coinvolgere e provocare dalla diversità dei padiglioni e dalla cultura che essi veicolavano.
Si può concludere con un pensiero forse semplice, ma denso di significato, come quello di Nicole:
Ho imparato che il mondo è grande e ogni Paese ha le sue bellezze e particolarità che lo distinguono.
Dopo aver letto i pensieri degli adolescenti, emerge che, a fronte di un approccio critico e riflessivo, sono in grado di non lasciarsi sfuggire un’occasione d’incontro con altre culture e tradizioni, come può rivelarsi la visita ad Expo, se non è affrontata come una semplice “gita fuori porta”.
Già questa potrebbe essere una notizia più che positiva, dal momento che gli adolescenti di oggi saranno gli uomini e le donne di domani e, se non imparano a quest’età il senso critico e la capacità di riflettere su ciò che vivono e vedono, quando avranno il tempo per farlo?
Da adulti, quando, ormai formati, lo spazio per il cambiamento si fa sempre più risibile?
No, oggi e qui sono il tempo ed il luogo opportuni; senza ritenere a prescindere impossibile il cambiamento successivo, è da ritenere il soggetto in formazione quello a cui è richiesto, in modo particolare, quella capacità critica e quel discernimento che noi adulti siamo forse più restii a conservare. È nella capacità di farsi domande dei ragazzi che anche noi possiamo restare “svegli” e attenti sl mondo che ci circonda!
C’è infine un’altra notizia che possiamo dare. Ciò che resterà di Expo non sarà solo un ricordo astratto, qualche foto nel telefono (che magari mai stamperemo) e la reminiscenza di code infinite e qualche disagio (forse inevitabile, in questi grandi eventi, mi viene da pensare sotterrando l’ascia di guerra della “polemica ad ogni costo”). È notizia confermata proprio pochi giorni fa che l’area utilizzata in questi mesi da Expo diventerà un grande centro di ricerca: si parla di un piano che prevede “un grande centro a livello mondiale che affronti insieme il tema della genomica, dei big data, della nutrizione, del cibo e della sostenibilità”.
L’augurio è che questo piano si possa concretizzare e non rimanga una delle tante promesse mai mantenuta da una politica che pare essere sempre più incapace di agire, con concretezza e solerzia, per mitigare le necessità del Paese.
Si ringrazia per la collaborazione l’Istituto Filippin di Paderno del Grappa (TV), nella persona del prof. Alessandro Pozza, direttore didattico della Scuola Secondaria di Primo Grado.
Altre fonti:
Repubblica: il ragazzo precipitato
Sky Tg24: Milano, dopo Expo