Un fastidiosissimo contrattempo. Ma anche la più spettacolare tra le sintesi possibili di un anno che abbassa le serrande: Cortina La Bella – e a ragione, tra l’altro – è rimasta senza luce. Paradossale che in una città dove nella settimana clou dell’anno si rintanano i personaggi dello spettacolo – gente abituata ai riflettori, alle luci della ribalta e ai flash dei fotografi – sia proprio la luce a venire a mancare: non il cibo o la neve, i soldi o la notorietà, i negozi d’alta moda o le piccole vanità che fanno bella una settimana. No, è venuta a mancare la luce, quell’elemento primordiale e così scontato che ha fatto la loro fortuna. E in questi giorni, per qualcuno, è stata cagione di tanta tristezza e altrettanta rabbia. E’ rimasta la luce della Natura, quella scandita da albe mozzafiato e tramonti spettacolari, quei raggi che illuminano e riscaldano la magia delle rocce dolomie e offre struggente bellezza ai viandanti di passaggio. Poi, al tramontare della luce naturale, solo buio e silenzio: il ritmo dei paesaggi e delle stagioni, dei pascoli e delle mungiture. Del formaggio lasciato a stagionare e della primavera nascosta sotto la coltre di neve. Per chi s’ostinava a cercare la luce, si tornava ad accendere i fiammiferi, le candele e le vecchie pile di un tempo: antiche reliquie di un mondo frettolosamente decretato come vetusto.
Una passeggiata in Corso Italia regala strette di mano e riconoscimenti: c’è una fetta di mondo che ha fatto dell’essere riconosciuto una ragione di vita e di morte. Se manca la luce, però, si torna tutti uguali: anzi, torna a splendere la semplicità della vita e, di conseguenza, la semplicità dell’umano. Non è forse un caso che a far ridere i telegiornali e le grandi testate giornalistiche non siano stati i contadini delle Dolomiti o le vecchie filatrici del Cadore. E nemmeno quei vecchi scultori abituati a scorgere nel buio di un vecchio tronco la luce di una sagoma, di un volto, di una statua. A far ridere e sorridere il mondo sono stati alcuni tra quelli che “senza luce” non sono nessuno, forse perchè senza una luce propria che li faccia sentire belli nel silenzio delle loro dimore interiori. Capita che la luce salti, ci sono addirittura case nelle quali in questi mesi i fili della luce vengono tagliati, ci sono uomini e donne che da anni vivono nel buio della dimenticanza e dell’abbandono: eppure sono il volto nascosto di un paese che non fa ridere ma sa ancora sorridere delle piccole cose, di quei piccoli segreti che fanno di una vita anonima una vita degna d’essere vissuta appieno.
L’unico vero dispiacere è per coloro che a causa di questo disguido hanno perduto lavoro e opportunità: lassù, tra le montagne, basta poco più di nulla per essere felici. E altrettanto poco per complicarsi le stagioni. Per tutto il resto il contrattempo è stato paradossale: un certo mondo di luce fittizia è stato accolto da un paese senza elettricità. Quasi a decretare che una certa luce, sganciata dalla semplicità della natura, non illumina poi così tanto come forse si poteva immaginare. Loro s’arrabbiano e fanno ridere, chi vi abita la prende con filosofia e fa pace con madre Natura: “la natura sembra aver fermato per una volta le attività dell’uomo, dai computer ai telefoni – racconta Tommaso Vesentini, il portavoce dell’amministrazione comunale ampezzana – c’è soltanto la neve e tanto, tanto silenzio. Sembra veramente un Natale d’altri tempi”. Neve e silenzio, buio e intimità, legna che scoppia e porte lasciate socchiuse: quanto basta per salutare un anno col sorriso tra le labbra. Giusto in tempo perchè la Natura, sazia di violenze e appesantita di usura, torni a prendere in mano la storia e riportarla nel giusto binario della normalità di un tempo. Dove, se saltava la corrente, c’era sempre una candela pronta ad illuminare le stanze. Creando quell’intimità fiabesca che faceva sentire tutti in pace a casa propria.
(da Il Mattino di Padova, 29 dicembre 2013)