[…] Ahimè, come oso dire che Tu, Dio mio, tacesti mentre mi allontanavo da Te? Tacevi davvero per me in quei momenti? Di chi erano dunque, se non tue, le parole che facesti risuonare alle mie orecchie per la bocca di mia madre, tua fedele? Ma nessuna scese di là nel mio cuore per tradursi in pratica. Essa mi chiedeva – come ricordo dentro di me l’incalzante sollecitudine dei suoi ammonimenti! – di astenermi dagli amorazzi e specialmente dall’adulterio con qualsiasi donna. Io li prendevo per ammonimenti di donnicciuola, cui mi sarei vergognato di ubbidire. Invece venivano da Te: io ignaro pensavo che Tu tacessi e lei parlasse, mentre Tu non tacevi per me con la sua voce, sebbene in lei io disprezzassi Te, io, io, figlio suo, figlio dell’ancella tua e servo tuo. Nella mia ignoranza procedevo a capofitto verso l’abisso, tanto cieco da vergognarmi fra i miei coetanei di non essere spudorato quanto loro. Al sentirli esaltare le loro dissolutezze e tanto più gloriarsene quanto più erano indegne, cercavo di fare altrettanto, non solo per il piacere dell’atto in sé, ma altresì della lode che ne ottenevo. Che altro merita biasimo, se non il vizio? E io per evitare il biasimo m’immergevo nel vizio. Quando mancavo di colpe che mi uguagliassero ai malvagi, inventavo fatti che non avevo fatto per timore di apparire tanto più vile quanto più ero innocente e di essere giudicato tanto più spregevole quanto più ero casto. […]
(Sant’Agostino, “Le Confessioni”, Libro II, Capitolo 3)
Di seguito, riepiloghiamo gli ultimi contributi pubblicati.
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- L’estate del tarlo e le gallerie del sospetto
- In parrocchia si ragiona come con le mucche
- Scoop dai Vangeli: Cristo soffre il solletico (omelia)
Buona settimana!