Pagine di sangue e morte
Nel libro di Giosuè troviamo racconti di esplorazione e di battaglie; sangue e morte, conquista e vendetta. La Terra Promessa è stata raggiunta, ma non basta. Non è una terra vergine, non è una terra libera. È da liberare e da conquistare. È una terra che è ambita e – per questo motivo – non è facile riuscire ad insediarvisi.
Questo libro contiene tra le pagine più controverse di tutta la Bibbia. Basti pensare che proprio l’episodio del sole, fermatosi per consentire a Giosuè di continuare a combattere, fu al centro della controversia galileiana. Fu per convincere il cardinale Bellarmino che Galileo dovette improvvisarsi esegeta, ricordando la necessità di non fermarsi al solo senso letterale[1], tanto caro, in quell’epoca, all’ecclesiastico, in quanto preoccupato di rinsaldare la fede contro l’eresia protestante. Cita sant’Agostino, che senz’altro ne è consapevole, ma già con Filone Alessandrino (I secolo) era ben nota tale tecnica, del resto adottata anche nei confronti della Bibbia ebraica, nonché della letteratura profana.
Il nostro campo di battaglia
Letta così, allora, anche la pagina sacra che narra le gesta belliche di Giosuè non rimane più mero antiquariato. Non c’è bisogno di essere guerrafondai o militaristi per comprendere che, anche noi, talvolta, ci sentiamo soverchiati dalle situazioni che viviamo e vorremmo scappare via, lontano, pur di non affrontare questo o quel problema, che ci attanagliano, lasciandoci paralizzati ed inermi.
Combatte, al posto nostro
“Il Signore combatteva per Israele” (Gd 10, 14)
Non si tratta, semplicemente, di avere forza dal Signore[2]. Né di combattere per il Signore. Questa era una costante, che si era ripetuta, nel corso degli anni e dei secoli: ogni popolo con il proprio dio, ogni popolo che combatteva nel suo nome e per lui, per garantire la sua forza e al sua fedeltà.
Nel libro di Giosuè dice qualcosa di più. Il Signore è il campione d’Israele. Non viceversa.
È Dio a combattere per il popolo, non il popolo a combattere per Dio. È Dio a prendere su di sé la responsabilità della moltitudine, stanca e fiaccata.
Ancora una volta, l’alleanza è unilaterale. Non si basa sulla fedeltà umana, ma su quella divina.
Ancora una volta, è Dio a fare un passo in più. A prendersi cura.
Non ci sceglie mai perché sa che abbiamo le capacità per il compito che ci assegna; piuttosto, ci rende capaci del compito che ci assegna.
Alle volte, ci sembra di non avere le forze, lo spirito d’iniziativa, la grinta, la determinazione. Capita che il confronto ci annichilisca e ci faccia perdere il contatto con la nostra realtà, vedendo solo il lato negativo di noi.
I “nostri” gabaoniti
Ebbene, non ci è chiesta forza sovrumana. Non ci è chiesto l’eroismo di chi combatte in battaglia. Dio è disposto a farlo al posto nostro, a combattere per noi; per il nostro vantaggio.
Se necessario, ferma il sole, pur di venirci incontro, purché sconfiggiamo i nostri nemici… che, magari, non sono i gabaoniti, ma la pigrizia, l’avventatezza, o l’impulsività (ciascuno ha il proprio nemico da combattere, per poter tornare, rasserenato, all’accampamento) che, come un leone[3], attendono in agguato per poter avere la meglio su di noi.
Rif. I lettura nella VII domenica dopo Pentecoste
Fonte immagine: “Giosuè arresta l corsa del sole”, Carlo Maratta, XVIII secolo
[1] «Littera gesta docet, quid credas allegoria, / moralis quid agas, quo tendas anagogia (la lettera insegna i fatti, l’allegoria ciò che devi credere, la morale ciò che devi fare, l’anagogia ciò a cui devi tendere)»: così Agostino di Dacia riassumeva i livelli di comprensione delle Scritture.
[2] Vd. Ef 6, 10
[3] Vd. 1Pt 5, 8
4 risposte
Come faccio a capire che Dio combatte per me o almeno di fianco a me ?
Capisco la difficoltà. Non è sempre facile vedere l’azione di Dio “in corso”. Spesso, riusciamo a rendercene conto soltanto dopo…
Noi vediamo il nostro lato negativo.. Lui vede le nostre capacità e ci aiuta ad attuarle. Grazie Maddalena